“Quando gli spettatori salivano sugli alberi per vedere i film”

Incontro con Giulio Rossini tra ricordi, aneddoti e futuro del cinema: con Filmstudio ’90 si occupa di organizzare da 25 anni la rassegna estiva di “Esterno notte”

Il cinema estivo a Varese si chiama “Esterno notte”. Quest’anno la rassegna cinematografica compie 25 anni, alla direzione c’è da sempre Giulio Rossini di Filmstudio ’90, associazione culturale che gestisce anche una piccola sala in via de Cristoforis, ma anche il grande cinema Nuovo di Varese.
“Esterno notte”, che quest’anno parte il 25 giugno sempre ai Giardini Estensi (leggi il programma), offre proiezioni di film della stagione, a volte anche novità, e nel corso degli anni è arrivato ad avere oltre mille spettatori per un singolo film.
Ne abbiamo parlato proprio con Giulio Rossini, tra ricordi, aneddoti e futuro, sia di “Esterno notte” che della magia del cinema. (video: l’intervista)

Come è nata la rassegna?
«Nasce come eredità di una manifestazione cinematografica dell’Arci del 1985, con l’allora assessore Caminiti che qualcuno dovrebbe oggi ricordare. È stato lui il fondatore della prima videoteca pubblica, che si trova a Varese dove oggi c’è l’ufficio tributi. Con lui c’è stata la prima edizione dell’estate varesina che si teneva all’ingresso principale dei Giardini, con musica, concerti e film».

Quale è stato il primo film?
«Fu uno dei primi film di Salvatores, se ricordo bene “Sogno di una notte di mezza estate”. In quell’anno venne anche Paolo Rossi, allora sconosciuto, che cominiciava la sua attività di comico e carabarettista. Facemmo 300 persone con il suo spettacolo».

E poi?
«Nel 1987 curammo la programmazione di film chiamata “Effetto notte”, in una tensostruttura sempre ai Giardini. Mentre l’anno dopo è nato ufficialmente “Esterno notte” che da allora non ha mai mancato di riempire un’estate varesina».

Come nasce questa tua passione per il cinema?
«Nasce perché andavo all’oratorio di Casbeno tutte le domeniche pomeriggio a vedere i film che proiettavano in 16 millimetri. Stanlio e Olio, Gianni e Pinotto, il western, film di guerra, per bambini, tutto quello con cui il nostro immaginario è cresciuto. Ma il primissimo film che ho visto al cinema è stato “Topo Gigio”, proprio al cinema Nuovo. Ed è una gran soddisfazione poter gestire quella sala oggi».

Ma Giulio Rossini bambino cosa voleva fare?
«Volevo fare il veterinario, lavorare con gli animali. Poi mi sono appassionato al cinema, tanto da arrivare a vedere, insieme ai miei genitori, persino una rassegna di film sovietici che trasmettevano in tv. Alcuni dei miei primi ricordi cinematografici sono quelli».

Torniamo a “Esterno notte”, in questi 25 anni quale è stato il periodo più buio?

«Non ne ricordo di particolari. In generale quando piove. Ma anche in questo caso il nostro pubblico è sempre molto fedele, tanto da scherzarci su. Quando abbiamo proiettato il film “Prima della pioggia”, lo stesso pubblico lo aveva poi ribattezzato “Prima, durante e dopo la pioggia”, proprio per la pioggia torrenziale che si era abbattuta quella sera. Altro film che aveva raccolto acqua dall’inizio alla fine fu “La sirenetta” della Disney, ma anche allora ci furono 400 persone».

Le rassegne estive non sono mai durante tanto. Qual è la tua "ricetta"? Perché funziona?
«Va detto che non abbiamo più i numeri che avevamo una volta. Negli anni passati facevamo 700 o anche 800 persone di media a film. Arrivando a picchi di 1.100 biglietti, come con “Il piccolo diavolo” o il caso di “Buena vista social club”, oppure “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno” quando c’era gente arrampicata sugli alberi per vederlo. Oggi in media ci sono 300 persone a serata».

Cosa è cambiato?
«Il cinema come fruizione di sala è diventato molto residuale. I film si consumato sul piccolo schermo, persino sui tablet. Il passaggio di un film al cinema è l’inizio di un percorso, dura poco, lo sfruttamento economico oggi arriva in seguito. È cambiato il modo di fruire i film e il passaggio in sala è diventato solo un modo per dire che si tratta di un vero film».

In questo contesto, quindi, hanno ancora un senso le rassegne estive come “Esterno Notte”?
«Il cinema per me è sul grande schermo. La magia del cinema e del racconto passa da lì. Non è paragonabile a un piccolo schermo. Ai giardini abbiamo 11 metri di schermo, rispetto a un televisore normale la visione cambia, le emozioni sono sicuramente amplificate. E non solo: c’è la condivisione, l’aspetto sociale, guardare un film diventa un rito comune collettivo. Questa è una cosa insostituibile e che identifica la proiezione all’aperto e il suo senso».

Quale la più grande soddisfazione di questi anni?
«Quando abbiamo proiettato “Perchè Bodhi Dharma è partito per l’oriente”, un film incredibile, koerano, che era stato presentato solo a Locarno. Io ho lottato per la casa di distribuzione per fare l’anteprima a “Esterno notte”. Abbiamo fatto più di 600 persone, è stato incredibile».

La delusione?
«Più che una delusione una brutta figura. Quando agli inizi abbiamo programmato “Jules e Jim” di Truffaut e abbiamo dovuto mandare la gente a casa perchè non avevamo la lente anamorfica per la proiezione del cinemascope. Che figura da principianti».

Hai parlato di “rito collettivo”, ma con le evoluzioni tecnologiche quale futuro per il cinema e per “Esterno notte”?
«La rivoluzione digitale non ferma la spettacolarità del grande schermo, anzi. È chiaro che se noi vogliamo andare avanti dobbiamo attrezzarci. Già l’hanno prossimo sarà molto difficile trovare film in pellicola. Questo è un cambiamento che costa molto in termini economici. Non lo so cosa succederà».

Ma Giulio Rossini ha ancora voglia di andare avanti con questa passione?
«Sicuramente vorrei vedere più cinema, non solo organizzare il cinema per gli altri. Ma siamo un’associazione che ha creato anche delle professionalità, c’è la passione e sono molto soddisfatto dei giovani che stanno crescendo. Già da tempo è in moto un meccanismo di ricambio, ed è giusto che ci sia».

Quale sogno oggi?
«Il sogno vero per il futuro è riportare i giovani in massa a vedere il cinema sul grande schermo. Non sono abituati ed è un’esperienza, quella delle emozioni sul grande schermo, che non si deve perdere. Abbiamo molto lavoro da fare in questa direzione». 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Giugno 2012
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