La città fantasma intorno a Malpensa, prigioniera dell’attesa
Il Consiglio provinciale alla “scoperta” della zona intorno all'aeroporto, tra aree verdi che rischiano di essere coperte di capannoni e le zone delocalizzate lasciate al loro destino da un decennio, teatro persino (forse) di messe nere. “Lo sviluppo di Malpensa non contrasti con quel che c’è fuori dall’aeroporto”
Da un lato ci sono migliaia di metri cubi di case abbandonate da un decennio e passa, dall’altro i boschi e la brughiera che un giorno, forse, finiranno asfaltati e coperti di capannoni. È uno strano paradosso, quello che si vive nei Comuni intorno all’aeroporto di Malpensa: per far capire questa strana realtà, i sindaci della zona (per la precisione: Mauro Cerutti di Ferno e Piergiulio Gelosa di Lonate) hanno accolto questa mattina, mercoledì 3 ottobre, una delegazione del consiglio provinciale, guidata dall’assessore provinciale al territorio Piero Galparoli. «Per farci un’idea di quel che è stata Malpensa 2000 e di quel che sarà Malpensa con il Master Plan», dice Galparoli.
Sono andati a Santa Maria a Ferno, la chiesetta rurale ai margini delle piste, dove – di fronte agli splendidi affreschi trecenteschi – il prete ferma la celebrazione, quando un aereo decolla con gran frastuono. E dopo l’arte, la delegazione è andata in mezzo alle case fatiscenti delle zone delocalizzate, abbandonate dagli abitanti ormai due lustri fa. Il sindaco di Ferno Mauro Cerutti, settimana scorsa, ha persino parlato di messe nere e orge, per descrivere il degrado e l’abbandono: «Abbiamo trovato candele e teste di coniglio mozzate, abbiamo dato le foto alle forze dell’ordine» ha ribadito anche oggi. Lo stesso sindaco – nella bella sala del monastero medievale di San Michele, a Lonate Pozzolo – ha sintetizzato così il problema: «Malpensa ha chiesto alle nostre comunità un sacrificio non ancora ripagato. Non parliamo dei soldi, ma del recupero delle aree». In sostanza: le case sono abbandonate da dieci anni, ma ancora non si è deciso cosa farne. In sé, le aree sono inutilizzabili per la residenza, ma potrebbero ospitare attività produttive e logistica. Una prospettiva che, in fin dei conti, i sindaci più coinvolti (Ferno, Lonate, Somma Lombardo) gradirebbero.
C’è però un’altra faccia della medaglia. Mentre migliaia di metri quadri rimangono inutilizzati, intanto si continua a costruire intorno e a programmare. «Nelle aree delocalizzate ci possono andare solo attività produttive, ma intanto il Master Plan di Malpensa prevede nuovi capannoni nell’area oggi naturale di via Gaggio e intanto a Sant’Antonino (una frazione del Comune di Lonate) si continuano a costruire capannoni», sintetizza Gianpaolo Livetti, consigliere provinciale di Rifondazione. E qui – anche per i sindaci – sta il punto: prima di allargare le aree logistiche dell’aeroporto mangiando nuovo territorio, si dovrebbe recuperare quelle già urbanizzate. Ma il problema è sentito e compreso? «Io ho l’impressione che già a Gallarate e Busto Arsizio, molti pensino che noi che stiamo vicini a Malpensa siamo contro lo sviluppo. Quando invece chiediamo solo uno sviluppo corretto e un’adeguata programazione» dice Mario Aspesi, ex sindaco di Cardano al Campo e consigliere provinciale Pd.
Nuove regole? «Credo che sul Master Plan qualche decisione a Roma si prenderà, entro dicembre» ragiona Giorgio Puricelli, consigliere regionale PdL (residente qui vicino, a Samarate), riferendosi alla pratica di valutazione ambientale in mano al Ministero dell’Ambiente. «Lo sviluppo del Master Plan deve avvenire in modo che le attività produttive e commerciali all’interno dello scalo non contrastino con quel che c’è all’esterno dell’aeroporto». Questa è la preoccupazione di molti. «Non vogliamo cedere aree per uno sviluppo che non vada a favore del territorio».
Il problema, però, è che le regole non sono scritte: in Regione gli stessi consiglieri PdL – in maggioranza – hanno chiesto pochi mesi fa un nuovo Piano d’Area Malpensa, il piano che dovrebbe fissare le funzioni e definire i rapporti tra l’aeroporto e quel che c’è intorno. Un Piano d’Area Malpensa che non c’è, che forse si farà e che in ogni caso rischia di essere anticipato dal piano di sviluppo aziendale dello scalo aeroportuale, quel Master Plan all’esame a Roma. Intanto, da queste parti si prende in mano la questione, pare con un po’ di preoccupazione. Anche se – è detto come semplice notazione – appare curioso vedere arrivare la delegazione provinciale oggi, quando la fase delle osservazioni al Master Plan è chiusa da mesi e il piano è già a Roma: «La proposta l’avevamo già lanciata la primavera scorsa» chiarisce Gianpaolo Livetti, promotore dell’iniziativa insieme a Mario Aspesi. Forse ha ragione Aspesi, quando dice che anche solo a Busto e Gallarate la questione è ignorata o mal interpretata. Quando si parla di delocalizzazioni, molti comuni cittadini (e anche qualche amministratore) ripetono una frase sentita mille volte: «Con tutti soldi che hanno dato ai proprietari…». Come se questo risolvesse il problema, come se non fosse uno scandalo proprio quell’acquisto delle areedivenuto inutile nel tempo. Perchè questo è: una vera città abbandonata senza una funzione. E altre zone che saranno abbandonate in futuro, mentre l’aeroporto si allarga.
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