I paesaggi interiori di William Congdon

Il Melo ospita, fino al 23 novembre, una mostra curata dalla Congdon Foundation, con riproduzioni di opere dell'artista americano. I paesaggi della Bassa come approdo della ricerca interiore

Paesaggi della campagna milanese che diventano quasi quadri astratti, crocefissi trasfigurati, superfici che restituiscono la . Alla galleria d’arte del Melo di Gallarate una interessante mostra celebra William Congdon, l’artista newyorkese che animato da inquieta ricerca interiore approdà prima a Venezia, poi ad Assisi, per poi chiudere la sua esistenza in una comunità monastica nella Bassa Milanese, a Buccinasco. "William Congdon: le stagioni della terra e i giorni dell’uomo" è il titolo della mostra curata dalla Congdon Foundation, composta da pannelli testuali, audiovisivi e fotoriproduzioni delle opere del pittore realizzate su speciale supporto in grado di restituire visivamente anche la ricchezza materica delle opere.

"La terra lombarda – si legge nella presentazione della mostra – ha trovato nel pittore americano William Congdon uno dei suoi più grandi cantori, una sorta di Virgilio d’oltreoceano, che ha saputo tradurre nei colori e nella materia dei suoi dipinti la varietà delle colture e i ritmi stagionali della pianura che si estende a sud di Milano, dove egli ha vissuto gli ultimi vent’anni della sua vita, forse i più fecondi. I dipinti di questo periodo presentano una struttura alquanto elementare, che riflette la partizione geometrica dei campi della Bassa. Ma in compenso è infinita la varietà dei fenomeni che si producono all’interno di questo semplice schema, grazie al mutare dei colori, della luce e della tessitura della superficie del dipinto. Perciò talora i campi hanno un carattere più fisico e materico, consentendo che l’incisione vi iscriva il ritmo musicale delle colture del mais; in altri casi, come nelle immagini  dell’inverno, la terra, per effetto della neve o della nebbia,  si smaterializza, si carica di luce, e davvero non si distinguono più cielo e terra; infine, nelle opere dedicate alla primavera o all’estate, sospesa ogni distanza prospettica, siamo invitati a una totale immersione nel fitto tessuto del glicine  o delle violette o dei papaveri, piuttosto che nell’onda dorata dell’orzo maturo. Comunque, le opere di questo periodo, se da un lato mostrano una estrema fedeltà al dato naturale, colto nella sua specifica fisionomia di tempo e di luogo, dall’altro  sono anche una rivelazione di ciò che  sta oltre il visibile, non perché sia semplicemente invisibile, ma piuttosto perché è ultra-visibile: è quel dinamismo interiore della natura che la tiene sempre in rapporto con la sua origine. Perciò, in questa terra di Lombardia Congdon ha portato a compimento la lunga e drammatica avventura iniziata nella terra dei Padri Pellegrini, a Providence, sua città natale, e poi dipanatasi attraverso i luoghi del mondo – New York, Venezia, Roma, Parigi, Bombay, Calcutta… – in una inesausta ricerca della verità di sé e delle cose, percorrendo buona parte del secolo passato e testimoniandone alcuni dei momenti più tragici".

La mostra che la William Congdon Foundation di Milano va a proporre in collaborazione con la Cooperativa sociale “Il Melo onlus”, si articola precisamente in due momenti: una mostra di fotoriproduzioni delle più belle immagini che Congodn ha prodotto nel suo lungo soggiorno nella terra lombarda; e una presentazione che ci fa immedesimare, in una sequenza di parole e immagini, nel suo lungo e tormentoso percorso umano e artistico. La mostra – inaugurata durante Duemilalibri con la presenza di Rodolfo Balzarotti, direttore scientifico di The William Congdon Foundation –  comprende e accosta alle opere di Congdon una serie di haiku di Benedetto Predazzi, su sfondo nero. La mostra è aperta fino al 23 novembre, tutti i giorni dalle 16 alle 19, nello spazio di via Magenta a Gallarate.

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Pubblicato il 08 Novembre 2012
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