Opposizioni all’attacco: “Questo Pgt avvantaggia pochi”

Pd, Sel, Manifattura, 5 Stelle e le forze di sinistra fuori dalla sala esagonale presentano il loro documento con le osservazioni al nuovo strumento urbanistico di Busto. Si annuncia una discussione incandescente in consiglio

Un Pgt che avvantaggia le rendite fondiarie di coloro che hanno proprietà in centro e che comprometterebbe non meno di 800 mila mq di aree e servizi pubblici, tutti interni al tessuto urbanistico consolidato e per più della metà di proprietà comunale. E’ fortemente critica la posizione del centrosinistra intero contro il Piano di Governo del Territorio che il comune di Busto Arsizio si appresta ad adottare prima della scadenza dell’ultima proroga possibile alla legge 12 del 2005 che ha ridisegnato gli strumenti urbanistici dei comuni lombardi. Busto arriva buon ultima a sette anni dall’approvazione della legge – come sottolineano i gruppi di opposizione – e con un piano che non sarebbe corredato di strumenti indispensabili quali il Piano Energetico Comunale, il Piano Zonizzazione Acustica e quello per la mobilità sostenibile. Si annuncia, dunque, battaglia da parte dei gruppi consiliari esterni alla maggioranza nelle sedute del 13, del 14 e del 18 dicembre che serviranno a presentare, discutere e votare il Pgt.

Pd, Sel, Manifattura Cittadina, Movimento 5 Stelle, Verdi e Federazione della Sinistra hanno presentato un documento comune che critica le scelte fatte dalla maggioranza Pdl-Lega con una serie di osservazioni al documento di piano partendo dall’incertezza derivante dalla frammentaria applicazione del principio della perequazione che costituisce la garanzia di una condizione di equità nella gestione del difficile processo di costruzione della città.  Secondo le opposizioni si configura un PGT di parte, vale a dire a vantaggio di pochi, nello specifico dei proprietari degli immobili più centrali. Nel documento di critica viene sottolineato che così com’è il piano sarà in netto contrasto con il documento propedeutico presentato in consiglio comunale nel quale si prevedeva  testualmente di: «contenere il consumo di suolo, favorendo trasformazioni e sviluppo urbano in una logica di minor occupazione dei cosiddetti “vuoti” della città, divenuti sempre più preziosi per la sostenibilità ambientale del sistema urbano e della qualità della vita degli abitanti. Altre critiche piovono sulle densità di costruzione giudicate "un uniforme e dequalificato tessuto estensivo e, stante la esiguità delle residue risorse di territorio interne al tessuto consolidato».

In particolare, poi, le osservazioni dell’opposizione si concentrano sulle proposte per le aree dismesse

del rione San Michele nel quale si vuole mantenere le volumetrie esistenti «ignorando invece del tutto la straordinaria risorsa di territorio che il dismesso produttivo in esse esistente, per lo più fatiscente, rappresenta per dare respiro, in termini di aree a verde e servizi, all’attiguo Centro Storico». Critiche anche sull’area di concentrazione edilizia prevista tra Borsano e Busto: «Tale acquisizione infatti – dicono gli estensori delle osservazioni – non ha alcuna ragion d’essere in quanto la nuova destinazione di area agricola della fascia medesima e il suo ruolo di corridoio ecologico le conferiscono carattere di vincolo ambientale». Osservazioni, infine, anche in merito alle «deludenti indicazioni per il Centro Direzionale FNM, assolutamente inadeguate rispetto al ruolo che quell’Ambito, unico ed irripetibile, è chiamato a svolgere, sia per lo sviluppo urbanistico ed identitario della città, che come contributo di Busto alla costruzione della città territorio».

Dal punto di vista della Valutazione Ambientale Strategica (Vas), inoltre, le critiche dell’opposizione rilevano: le contraddizioni tra il contenuto del Rapporto Ambientale e la Sintesi non Tecnica in tema di inquinamento e salute; la mancanza di dati e informazioni locali, dovute anche alla mancanza di diversi piani obbligatori per legge; la mancanza di un serio piano della mobilità sostenibile, finalizzato a valutare le ricadute delle scelte urbanistiche sul traffico veicolare (già congestionato) e a risolvere (o almeno attenuare) i problemi attuali e quelli indotti dalle trasformazioni previste; la selezione immotivata o la sottovalutazione di obiettivi ambientali di scala internazionale, comunitaria, nazionale e regionale (falde acquifere ed emissioni gas serra); infine l’introduzione da parte dei valutatori di un indicatore quali-quantitativo sulle politiche per il recupero delle aree dismesse e potenzialmente contaminate che premia senza alcun fondamento le scelte del documento di piano e finisce per nascondere le dimensioni del consumo di suolo.

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Pubblicato il 10 Dicembre 2012
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