Atto di matrimonio “impazzito”. Indagini sulla firma dimenticata

Una coppia scopre una mancata registrazione che la sta mettendo nei guai per una questione di pignoramenti. La guardia di finanza interroga i dipendenti

La storia di un atto di matrimonio fantasma finisce in procura dove è in corso un’indagine per un presunto falso in atto pubblico. L’inchiesta nasce dalla querela di una coppia di Cittiglio. L’estratto del certificato è giunto, per quattro volte, modificato sul tavolo di un giudice civile di
Busto Arsizio, che deve decidere sul pignoramento di una casa. Atto
pazzerello, insomma. La denuncia è stata fatta proprio dai coniugi perché quell’errore sta facendo perdere loro la causa civile.
Ma che cosa c’entra il matrimonio con la causa per l’immobile? Tutto nasce da un guaio finanziario. Il marito è imprenditore ma si è ritrovato con alcuni debiti. La banca vuole pignorare la casa e metterla all’asta. Tuttavia l’immobile è, a loro dire, intoccabile perché, in data precedente al pignoramento, è stato compreso in un fondo patrimoniale riservato al fabbisogno familiare (in sostanza, si tratta di un istituto giuridico che rende non aggredibili dai creditori alcuni beni. Ma ad una condizione: purché il fondo patrimoniale risulti regolarmente annotato nell’atto di matrimonio).
Bene, ma la coppia deve spiegare al giudice che la data dell’annotazione sul registro degli atti di matrimonio è stata precedente alla richiesta di pignoramento. E qui cominciano i guai. I coniugi di Cittiglio non riescono a dimostrarlo, perché dal comune l’atto è giunto davanti al giudice, per ben quattro volte, con annotazioni errate o divergenti. A guardare le carte sembra che qualcuno si sia dimenticato di scriverla quell’annotazione, e che sia stata aggiunta dopo, ma chi ha sbagliato? La questione è un vero rompicapo. L’atto notarile di costituzione del fondo patrimoniale è del 2006. Tra il 2008 e oggi il giudice ha ricevuto l’atto o incompleto o incongruente, o con dati errati come quando la carta diceva che i due si erano sposati a Milano invece che a Cittiglio. C’è anche una lettera del sindaco di allora, Giuseppe Galliani, che spiega il disguido e afferma: si tratta di semplici «errori materiali». I coniugi si sono rivolti alla procura. Un loro perito dice che ci sono nell’atto «anomalie e inserimenti di frasi». Il tribunale di Busto ci va cauto e si pronuncerà il 16 gennaio, quando potrebbe esserci l’ultima udienza della causa civile che riguarda l’efficacia o meno del pignoramento. Tuttavia l’indagine
penale è in corso, e la guardia di finanza di Luino, su incarico del pm Massimo Politi, ha già interrogato alcuni testimoni in comune. I reati ipotizzati sono il 476 e 477 del codice penale, le falsità materiali in atti o certificati da parte di pubblici ufficiali.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Gennaio 2013
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