Ichino: “Sto con Monti in Italia, voto Ambrosoli in Lombardia”

Il senatore ex Pd, ora candidato con il professore, conferma che alle regionali sosterrà il candidato del centrosinistra: "La collaborazione ci può essere"

Il discrimine non è destra o sinistra, ma europei contro antieuropei. Pietro Ichino, a Varese, espone con completezza il suo pensiero economico e politico, che non è quello di un candidato qualunque, ma della mente economica della lista “Scelta civica con Monti”. Prima però un po’ di chiarezza: al senato ci sarà una lista unica con il simbolo e il nome di Monti. Alla camera ci saranno tre simboli: “Scelta civica con Monti per l’Italia”, Udc e Fli. In regione la lista sostiene Gabriele Albertini, ma alcuni esponenti sono invece orientati a dare il voto a Umberto Ambrosoliper battere la Lega. Ichino è uno di questi: «Io sosterrò Ambrosoli, ero stato già qualche mese fa una delle persone che aveva chiesto ad Ambrosoli di candidarsi, e ho mantenuto l’idea che possa essere un buon presidente. Monti lo sa e ha accettato questa articolazione tra l’impegno alle politiche e quello diversificato alle regionali. Il legame con Ambrosoli è anche con la sua famiglia».

La doppia scelta di Pietro Ichino, già senatore del Pd fino a pochi giorni fa, ha però causato la replica stizzita di uno dei candidati alla camera, Antonio Chierichetti, presente oggi al tavolo dei relatori, e che ha definito «politicamente inammissibile» la posizione di Ichino.
Insieme a lui Christian Campiotti (Udc) numero 5 al senato nel collegio Lombardia 2 per “Scelta civica con monti per l’Italia”.

(nella foto Antonio Chierichetti candidato alla camera, Christian Campiotti candidato al senato, Ichino candidato al senato, Stefano Calegari candidato al consiglio regionale) 

«L’antipolitica è frutto dell’inconcludenza della vecchia politica – osserva il senatore – al governo Monti ad esempio sono state bloccate riforme chiave come il dimezzamento dei parlamentari e l’abolizione delle province. La vera alternativa non è tra destra e sinistra, ma oggi è tra chi crede nella strategia europea e chi crede che l’Europa sia la causa dei nostri mali. L’Italia a inizio 2012 non aveva neanche i margini per allentare il rigore, perché nei 10 anni precedenti si era sprecato molto e aumentato il debito, senza mai abbassare le tasse. Chi come Grillo dice che dobbiamo uscire dall’euro ci dovrebbe spiegare come farà lo stato a pagare gli stipendi se non potrà più emettere i bot. Perché è quello che accadrà. Diventeremmo come l’Albania di Enver Hoxa, un paese che si regge sulla pastorizia. Ma anche la Lega, Tremonti e Berlusconi dicono a volte cose simili. E Vendola, se leggiamo il suo programma, propone il contrario di quello che servirebbe per andare verso un mercato del lavoro più moderno, come ad esempio il ritorno alla rigidità dell’articolo 18, il no ai contratti decentrati, o la rinegoziazione degli accordi Ue. Ci metteremmo alla retroguardia del continente».

Ichino propone questo: «70 miliardi arriveranno con la negoziazione del fiscal compact con gli altri paesi europei. Se riuscissimo a riaprire l’Italia agli investitori stranieri potremmo arrivare alla media degli altri paesi europei e cioè almeno 50 milioni l’anno, a quel punto potremmo abbattere le tasse sul lavoro e l’Irap alle imprese. Prima si detassa chi produce, e dopo chi “possiede”».
Al Pd, manda a dire che molti di quelli che hanno votato Renzi alle primarie potrebbero riconoscersi nelle riforme di Monti. A Maroni, dice che la Legge Biagi andava bene ma poi è stata contraddetta da lui stesso, quando l’ha svuotata con la circolare che ha reso i contratti a progetto ugualmente possibili, anche senza un progetto vero. E la riforma Fornero? «Un lavoro fatto a metà, che va completato».

Ps.
Chi non conosce Ichino deve sapere almeno 6 cose di lui. Viene dalla Fiom Cgil ed è stato in passato anche parlamentare del Pci. E’ esponente di una borghesia milanese illuminista e internazionale. Non ha mai nascosto le sue idee sul lavoro e ha perso il seggio speso perché troppo riformista per la sinistra tradizionale. E’ il fautore di una riforma del lavoro che sposti alcune tutele dalle categorie iperprotette e crei delle protezioni valide per tutti, superando i dualismi nel mercato del lavoro che lui ha definito “apartheid” tra i contratti precari e quelli a tempo indeterminato.
Era la punta è più liberal del Pd, oggi è la mente del programma lavorista di Monti, anche se con Ambrosoli lo legano in realtà molte idee simili.
 

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Pubblicato il 19 Febbraio 2013
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