Dentro alle officine abbandonate, detriti e vite provvisorie

La "fabbrica dei treni" di via Pacinotti è chiusa da 15 anni. Gli enormi spazi sono diventati anche una casa per pochi senzatetto, le ferrovie vorrebbero vendere l'area ma per ora non esiste un progetto

Le piante infestanti spuntate nella primavera 1998 oggi hanno il tronco solido. Sui rami che spuntano qua e là gli abitanti di fortuna – in mancanza di meglio – stendono il bucato, magliette e pantaloni lavati chissà dove. Le piante spuntano qua e là tra i binari delle ex Officine FS di Gallarate, la "fabbrica dei treni" abbandonata 15 anni fa dagli ultimi operai che per generazioni hanno riparato i convogli elettrici, fin dal 1905, tra i primi in Italia.
Per entrare dentro alle Officine FS basterebbe varcare il cancellone che c’è a metà di via Pacinotti: era l’ingresso secondario, dipinto in grigio-arancio-viola, i colori dei treni pendolari negli anni Novanta. Di tanto in tanto gli uomini delle FS tornano a chiudere i varchi, come è accaduto con quello che dava accesso da sotto il ponte della Mornera, oggi chiuso da un pesante catenone. L’enorme area dismessa, però, è l’unico rifugio per chi è senza una casa e con una vita sospesa: «Capita di vederli la sera quando tornano» spiega un residente della via. C’è un gruppo di cinque o sei persone almeno, alcune giovanissime. Rimane quel grande spazio sospeso, migliaia di metri quadri dismessi e vuoti: spazi a volte percorsi dagli "esploratori urbani" che entrano anche a scattare fotografie.

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Dentro, il vuoto enorme delle officine convive con le tracce di un luogo di lavoro che sembra evaporato quasi da un giorno all’altro: su un muro c’è ancora il tabellone con gli orari dei treni del 1997, con il simbolo delle FS non ancora scalzato da Trenitalia e altre sigle nate dalla disgregazione della vecchia azienda ferroviaria di Stato. Ci sono i cartelli antinfortunistici che avvertono delle aree sotto tensione e dei "veicoli in movimento", là dove carrozze e locomotive non si muovono più da dieci e passa anni (per un periodo un solo capannone, il più moderno, fu usato per tenere al coperto treni storici). Dentro nell’ex palazzina degli uffici – dove c’è il tabellone con l’orario dei treni – i pavimenti sono invasi dai vetri distrutti: nell’estate scorsa nelle officine si è sviluppato un incendio, nato dal tentativo di separare cavi di rame da guaine di plastica (da allora, per fortuna, non ci sono più state segnalazioni di episodi di questo tipo). Tra i capannoni si arriva alla gigantesca "vasca" su cui scorreva il "ponte trasbordatore", un tratto di binario mobile che consentiva di spostare le motrici e le carrozze da un reparto all’altro delle officine: lo spazio è invaso dagli alberi cresciuti e anche dai rifiuti abbandonati dai nuovi abitanti. Tra i parapetti della "vasca" e gli alberelli intorno ci sono i vestiti e le coperte, stese all’aperto.

Le Officine FS sono una delle più grandi aree industriali dismesse della città: di proprietà di RFI, dal 2012 sono passate in carico direttamente alla holding Ferrovie dello Stato. Nonostante le grandi dimensioni – anche se l’area si sviluppa in senso longitudinale, quasi schiacciata tra la ferrovia in funzione e la stretta via Pacinotti – l’intero complesso non è mai stato messo in vendita e, anzi, non è neppure inserito nelle aree di trasformazione e recupero individuate dal Piano di Governo del Territorio in vigore, votato nel 2011. Al momento – spiegano dalle FS – l’intenzione è ottenere l’inserimento nella variante del Pgt, per dare poi il via alla vendita dell’area. E allora anche quest’area potrebbe diventare un pezzo nuovo di una città che negli anni scorsi ha invece spesso privilegiato l’espansione su terreni agricoli e che ancora ha aree dismesse e inutilizzate. Passati gli anni della grande espansione, però, lo scenario di questa zona è ancora fatto di desolazione (nella foto a destra: gli edifici del 1905) e di alloggi di fortuna.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Marzo 2013
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