Gli industriali ai politici: “Le elezioni sono finite, adesso l’obiettivo è crescere”

Una riflessione sulla situazione del Paese nel dopo voto da parte di Giovanni Brugnoli, presidente di Univa: "Necessario fare subito le scelte che servono, priorità all'occupazione"

giovanni brugnoliL’intervento di Giovanni Brugnoli, Univa, in merito alla situazione economica in cui versa il Paese a poche settimane dal voto.

A circa quattro anni e mezzo dalla crisi finanziaria internazionale del settembre 2008, quella che ha dato origine alla fase di recessione nella quale ci troviamo tuttora, si sono materializzati in questi giorni due dati statistici interessanti, anche perché apparentemente in contrasto. 
Il primo è che, rispetto ai livelli pre-agosto 2008 la produzione industriale nel nostro paese è sotto del 25%. Ci siamo cioè lasciati per strada un’autovettura, un tornio, un sacchetto di ravioli, un paio di calzini su quattro. Con tutte le conseguenze del caso sotto il profilo occupazionale (-11,7% il dato sull’occupazione, con punta del -38,7% nel settore giovanile), solo parzialmente attutita dagli ammortizzatori sociali). In cifra, l’arretramento della produzione industriale equivale a quasi 50 miliardi in meno di valore aggiunto. Cioè di mancato reddito per le imprese, i lavoratori, i settori a valle dell’industria (commercio, servizi). Da qui la stasi dei consumi. Da qui anche l’inevitabile arretramento delle entrate fiscali, la stasi dei cantieri pubblici per l’ammodernamento infrastrutturale della nazione, il mancato pagamento dei debiti degli enti pubblici alle imprese fornitrici. Insomma, quella spirale involutiva che porta a fare intanto due considerazioni.
Da un lato, l’evidenza che la soluzione ai nostri problemi non potrà venire che da una ripresa del ciclo economico. Dall’altro e per contro, l’idea circolata già all’indomani della crisi del 2008 – quell’idea cioè un po’ bucolica secondo la quale ci si sarebbe dovuti tutti convincere della necessità di un riposizionamento degli stili di vita verso il basso – andrebbe riconsiderata alla luce dell’effetto devastante che quella crisi ha procurato nel campo del lavoro. Non si tratta di fare della propria esistenza un tempio consumistico ed edonistico. Ma la realtà – è un’affermazione cruda, ma non si può fare a meno di ricordarla – è che se non ci rimettiamo a consumare non abbiamo futuro.
Il secondo dato statistico di interesse è che l’export industriale italiano, proprio in questo momento difficile, sta registrando una dinamica molto favorevole. La stima è che il surplus manifatturiero abbia raggiunto nel 2012 la soglia record di 80 miliardi di euro. È un dato certamente confortante. Esso indica la dinamicità delle tante imprese italiane che, nella difficoltà del mercato interno, hanno saputo in breve tempo presentarsi con successo sui mercati del pianeta in crescita. È, anche, un dato da cui partire per imbastire una politica industriale che rimetta l’impresa al centro e ne favorisca l’internazionalizzazione, senza la quale, anche questo risulta dimostrato, la nostra industria non avrebbe futuro.
Nonostante questa notevole performance sull’estero, la situazione del mercato italiano, con le sue crescenti tensioni occupazionali, rimane in tutta la sua grave e preoccupante debolezza.
Per affrontare la quale urgono interventi shock. E invece? Lo shock, per noi imprenditori, è vedere le forze politiche comportarsi come se fossero ancora in campagna elettorale. I temi di discussione hanno il sapore di cose logore. Di ricette per l’economia e il lavoro non si parla. Più facile ascoltare un dibattito sulla legge elettorale da riformare e sugli altri argomenti di ingegneria costituzionale. La stabilità politica e la riduzione dei costi della stessa sono fondamentali, proprio perché essa è il presupposto per dare il via a quelle azioni improrogabili finalizzate a ridare fiato al ciclo economico. Ma oggi le priorità sono soprattutto altre.
I programmi elettorali presentati dai partiti sul fronte economico avevano messo in evidenza molti punti in comune, seppure con sfumature diverse. E nei tanti interventi di illustri economisti che si susseguono in questi giorni sui media, si trova abbondanza di suggerimenti ai quali attingere per capire cosa sia meglio fare per imprimere una scossa all’economia, senza far venir meno gli impegni presi dall’Italia con l’Europa per quanto riguarda il rigore nei conti dello Stato. Dai pagamenti alle imprese dei debiti della pubblica amministrazione, agli incentivi fiscali e contributivi per le assunzioni giovanili; dalla riproposizione della legge Sabatini per rilanciare gli investimenti in beni strumentali, alla riduzione dei tempi di ammortamento degli stessi, fino a nuovi provvedimenti in tema di semplificazione amministrativa.
Occorrono buona volontà e buon senso per dare al Paese un governo il più duraturo possibile. Mi auguro che le forze politiche si rendano conto che il tatticismo, con l’occhio rivolto nuovamente alle urne in breve tempo, sarebbe per le stesse assai pericoloso. Sia per quelle tradizionali, sia per quelle di nuovo arrivo, perché dalle une e dalle altre gli italiani, credo e spero, si aspettino comportamenti improntati pragmaticamente a risolvere i problemi reali, a costruire e non certo a distruggere. Oggi occorre mettersi a tavolino per ragionare insieme sul da farsi, più che aizzare le piazze evocando un passato tumultuoso, sterile e pericoloso.

Giovanni Brugnoli
Presidente Unione degli Indsutriali
della Provincia di Varese

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Pubblicato il 08 Marzo 2013
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