Marta sui Tubi: “Ecco il nostro nuovo disco”

Dopo il festival di Sanremo incontriamo il gruppo che all'Ariston presentava "Vorrei". Giovanni Gulino, il cantante del gruppo, ci racconta del nuovo album "5, la luna e le spine" nell'attesa del concerto di giovedì a Milano

L’ultima volta che ho incontrato Giovanni Gulino e band eravamo al Festival di Sanremo. Loro si districavano tra set fotografici e interviste, cercando di spiegare (e spiegarsi), il motivo per cui una band abituata agli ambienti del rock si trovasse sulla riviera ligure a firmare autografi. In realtà, i Marta sui Tubi il loro spazio se lo sono preso anche in quell’occasione, senza rinunciare a creste, barbe e giacche di pelle in mezzo ad abiti da sera e cravatte. Una bella sfida che se non li ha premiati in classifica, ha portato una ventata d’energia durante la kermesse musicale e gli ha permesso di presentare al pubblico “Vorrei”, la canzone che ha anticipato l’ultimo, riuscitissimo, lavoro discografico del gruppo. “5, la luna e le spine” infatti, è un racconto di undici tracce dove i Marta sui Tubi si districano tra l’elettronica e la psichedelia senza dimenticare la musica classica o il blues. Un bell’album, di quelli che puoi ascoltare per ore, stando attento ad ogni parola o semplicemente “duettando” con Gulino. Uscito il 15 febbraio, è un lavoro che risulta omogeneo e che sembra raccogliere tutta l’esperienza che si può raccogliere in vent’anni di musica. L’unica pecca, se proprio si vuol trovare, è la canzone in inglese che lascia un po’ disorientati rispetto alle altre tracce del disco ma si rifà nel significato. La parola a Giovanni Gulino cantante del gruppo, a pochi giorni dal concerto che li vedrà all’Alcatraz di Milano (4 aprile). 

Siete sopravvissuti a Sanremo…
«Il giorno dopo ero a casa con la febbre ma anche gli altri non stavano bene. Chi aveva mal di schiena, chi la bronchite. Insomma, un lazzaretto di gruppo ma siamo qui. La settimana di Sanremo è molto intensa e probabilmente a un certo punto ti scende tutta l’adrenalina. Comunque è stata una bella esperienza, per chi la fa la prima volta è adrenalinica»

Una delle cose più divertenti del festival?
«Il gruppo di settantenni che ti aspetta fuori dall’Ariston per chiederti l’autografo. Il giorno prima ti vedono in televisione e il giorno dopo ti aspettano per fare la foto con te. Il bello è che prima di parti9re ti immagini la stessa scena con centinaia e centinaia di ragazze e invece ci sono le signore ad aspettarti…(ride ndr). A dire il vero le ragazze c’erano ma stavano dietro a Mengoni…»

Da dove nasce il titolo del disco?
«É il numero della nostra formazione, siamo in 5 e questo è il nostro quinto disco. Inoltre è stato uno numero molto ricorrente ultimamente. Ci sono state tante occasioni nel tour precedente dove ci trovavamo davanti il 5, numero delle stanze ecc…Poi, rimanda alle tematiche del disco, che sono abbastanza cupe, e tra cui c’è quella del senso di colpa. Questo ci riporta al quinto comandamento “non uccidere”. Nessuno infatti ha il diritto di vendicarsi sul prossimo che l’ha offeso e questo, al di là dei tentativi di talune religioni di rivendicare l’esclusività del rispetto di tale valore, è al contrario universale. Nel medioevo una leggenda voleva Caino esiliato da Dio sulla luna a espiare la sua colpa torturato da una fascina di spine sulla schiena con la quale Dio l’aveva punito. E si diceva che le macchie nere della luna fossero le spine di Caino. E da qui il terzo elemento del titolo».

Come nascono i dischi dei Marta sui Tubi?
«Nascono piano piano. Durante i mesi liberi, o durante i tour ognuno scrive o mette giù idee. Questi spunti poi, li mettiamo tutti insieme e scegliamo i migliori. Nascono, si modificano fino ad arrivare a ciò che ci piace. Ognuno ha un suo ruolo, interscambiabile con gli altri, ma solitamente io mi dedico ai testi, Carmelo ai giri di chitarra, Ivan alla parte ritmica e così via»

Perché avete scelto di fondare una vostra etichetta?
«Si chiama Tamburi Usati ed è l’anagramma di Marta sui Tubi. L’abbiamo fondata perché non abbiamo mai sopportato la pressione delle case discografiche, delle scadenze, del dover fare un singolo ad hoc per lanciare il disco. Se qualcuno ci impone tempi e scadenze diventiamo molto autarchici e così abbiamo fondato l’etichetta»

Da tempo si sente dire che in musica non c’è niente di nuovo, che non ci sono più le canzoni una volta. Secondo te questa crisi creativa esiste? Se sì, qual è il meccanismo da spezzare per ridare vita alla musica?
«Premetto che, a mio parere, gli elementi più brillanti negli ultimi 15 anni si sono espressi più nella tecnologia che nell’arte. Detto questo, credo che oggi ci sono tanti artisti da scoprire e per farlo basterebbe spezzare quel meccanismo che porta le radio a passare pezzi solo in funzione di un profitto. In Francia per esempio, esiste una legge che obbliga le radio a passare una percentuale fissa di musica nazionale, qui non succede. Ci vorrebbe un cambio di rotta che pensi anche ai nuovi talenti e non solo al pezzo orecchiabile. In Italia ce ne sono tanti, penso a cantautori come Dente, Brunori, Di Martino, Carnesi»

Domanda da un “milione di dollari”: da dove nasce il nome Marta sui Tubi?
«É una vecchia fiamma che abbiamo condiviso io e il chitarrista ma è una storia lunga…»

Sai che a Sanremo mi avete detto un’altra cosa?
«Ogni volta ti potremmo rispondere in modo diverso…(ride ndr)». 

I MARTA SUI TUBI A SANREMO

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Pubblicato il 02 Aprile 2013
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