Violenza sessuale sul letto del radiologo, condannato a due anni

Il tecnico di radiologia era passato dagli apprezzamenti ai toccamenti nei confronti di una paziente durante lo svolgimento di una risonanza magnetica all'interno di un centro biomedico cittadino

E’ stato condannato a due anni di carcere in primo grado Armando Facco, tecnico di radiologia del Centro Biomedico Bustese, per violenza sessuale ai danni di una paziente che doveva eseguire una risonanza magnetica. La condanna è arrivata questa mattina da parte del collegio giudicante del Tribunale di Busto Arsizio formato dal presidente Adet Toni Novik e dai giudici a latere Piera Bossi e Luisa Bovitutti. Secondo i giudici la donna che ha denunciato le pesanti avances è credibile e il tutto sarebbe avvenuto durante lo svolgimento dell’esame all’interno del centro. Il pubblico ministero Nadia Calcaterra ha ripercorso il racconto della donna che, nei processi per violenza sessuale, può essere ritenuto sufficiente all’individuazione di una responsabilità penale.

La mattina del 24 marzo del 2011 la donna si era recata al centro per effettuare l’esame prenotato tempo prima e, una volta entrata nella stanza della risonanza magnetica è stata accolta dal tecnico radiologi Facco che le ha chiesto di rimanere in mutande e reggiseno. Dopo averla fatta stradiare sul lettino del macchinario, l’ha posizionata sul fianco sinistro e le ha fatto infilare il piede nella cosiddetta bobina che tiene fermo l’arto del quale bisogna ottenere l’immagine attraverso il magnete. Da quel momento in poi iniziano gli atteggiamenti inequivocabili del radiologo che comincia facendo complimenti alla donna sul suo corpo, apprezzamenti che poco dopo diventano mani che toccano il fondoschiena, i seni e anche l’inguine. La donna racconta anche di un tentativo di bacio che viene fermato dalla pronta reazione della donna. L’esame terminerà dopo 30 minuti e per tutto il tempo l’uomo ha proseguito con il suo atteggiamento. 

Fin qui la storia della paziente vittima dell’abuso ma il pubblico ministero ha anche chiesto l’acquisizione di un procedimento analogo che è stato avviato da un’altra procura per gli stessi motivi, ai danni dell’imputato. I difensori Sanna e Starlese hanno sostenuto che la donna poteva liberarsi in qualsiasi momento oppure urlare per attirare l’attenzione del personale presente oltre la porta dello studio. Secondo Sanna, che cita la relazione del consulente di parte, il macchinario non impedisce a chi vi è sottoposto di liberarsi. I difensori, insomma, hanno sostenuto che si sarebbe trattato solo di "avances" che la donna avrebbe recepito come un tentativo di approccio in quanto il tecnico si sarebbe invaghito della paziente.
Una tesi che, comunque, non ha sortito l’effetto sperato in quanto la condanna per Facco è arrivata anche se diminuita di sei mesi rispetto alla richiesta dell’accusa.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Aprile 2013
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