Le manifestazioni in Brasile uniscono la popolazione

Il racconto del nostro ex collaboratore Paolo Candeloro, emigrato da pochi mesi nel paese sudamericano. Tra contraddizioni e voglia di giustizia sociale, prova a dare il suo punto di vista su una situazione complicata

Paolo Candeloro è un giornalista professionista di 28 anni, nato a Gazzada Schianno e da poco emigrato in Brasile per amore e per cercare un lavoro. Già collaboratore di VareseNews con cui ha mosso i primi passi nel mondo della stampa, è poi stato a Il Giorno nelle redazioni di Milano e Varese. Ci racconta da Porto Alegre come sta vivendo la situazione di tensione in Brasile, tra manifestazioni e proteste che uniscono la popolazione

Più di un brasiliano, da quando sono arrivato a Porto Alegre (ben prima che iniziassero le manifestazioni di massa), mi ha chiesto se anche in Italia i politici sono così corrotti. Detto che sono allergico alle generalizzazioni, e che il buono e il cattivo esistono un po’ dappertutto, è evidente che i ripetuti scandali che da diversi anni coinvolgono i simboli del potere (dal Mensalão in avanti) abbiano portato all’esasperazione il popolo brasiliano. Perché se stiamo parlando da un lato della sesta economia mondiale, che grazie all’indiscutibile apporto del governo Lula ha visto una crescita sostanziale della classe media, dall’altro bisogna ammettere che il processo di inclusione sociale è tutt’altro che concluso. In Brasile, insomma, non tutti hanno le stesse opportunità. In particolare, sanità e scuola pubbliche sono piuttosto scadenti: chi ha le risorse economiche si affida al privato, chi non le ha, si arrangia. Per non parlare del trasporto pubblico: caro e non certo efficientissimo, con la metropolitana che – ad esempio – è prerogativa di pochissime città (e qui le città sono grandi: Porto Alegre, decimo centro urbano brasiliano in quanto a popolazione, ha 300mila abitanti in più di Milano).
Senza dubbio, la Confederations Cup (insieme ai Mondiali 2014) rappresenta una grande occasione per chi vuol far sentire la propria voce, anche perché c’è più di un’ombra sui finanziamenti per le opere relative a questi eventi: il mondo, è indubbio, guarda al Brasile con particolare attenzione. Personalmente, non ho partecipato ad alcuna manifestazione né ho subito conseguenze o disagi per gli atti vandalici dei soliti incivili, ma conosco tante persone che sono scese in piazza, hanno marciato lungo le grandi avenidas, hanno “bivaccato” davanti ai palazzi del potere, e non posso non condividere le loro motivazioni. Giustizia sociale, inclusione, uguaglianza: chi non vorrebbe tutto questo? E, dall’altro lato, stop alla corruzione, agli scandali in politica, alle promesse mai mantenute. A quanto pare, i primi risultati di queste manifestazioni già cominciano ad arrivare: martedì è stata abrogata una legge che toglieva parte del potere al Supremo Tribunale Federale, e la stessa presidente Dilma Rousseff ha mostrato grande apertura nei confronti dei manifestanti.
Ma c’è un fattore che più di ogni altro mi ha colpito: la composizione dei gruppi di manifestanti. Giovani e meno giovani, ricchi e poveri, e – soprattutto – liberi cittadini, nel vero senso del termine. Le proteste non sono state pensate né dirette da alcun partito, ma nate spontaneamente, da un sentimento comune, da una naturale voglia di cambiamento. E, per questo, mi pare abbiano unito ancor di più il popolo brasiliano.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Giugno 2013
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