I morti nei cantieri sono partite iva sotto ricatto

Cgil, Cisl e Uil si rivolgono ai parlamentari varesini: «Intervenite sul decreto del fare. La sicurezza sul lavoro non va smantellata». In Italia 800 mila infortuni all'anno per un costo di 8,5 miliardi di euro tra indennizzi e spese sanitarie

Perché ogni volta che in Italia c’è un avvicendamento al Governo la prima cosa che toccano sono le norme in materia di sicurezza e salute sul lavoro?  La domanda sorge spontanea, avrebbe detto Antonio Lubrano. Ed è la stessa domanda che si è posto il sindacato (Cgil, Cisl e Uil) e girato ai parlamentari varesini  (Marantelli, D’Adda, Gadda, Senaldi, Bossi, Giorgetti, Candiani, Bignami, Catalano, Petraroli e Librandi) per la discussione in parlamento del Decreto del fare voluto dal governo Letta.
I punti che vengono contestati sono cinque: la sostituzione del documento di valutazione dei rischi da interferenze (Duvri) con la nomina di un incaricato in possesso di formazione, esperienza e competenze professionali tipiche del preposto, per sovrintenderealla cooperazione e al coordinamento tra le imprese in caso di appalto; l’individuazione di una fascia di settori di attività a basso indice infortunistico definita per decreto; la non applicazione delle misure per la sicurezza nei cantieri temporanei e mobili ai piccoli lavori, finalizzati alla realizzazione o manutenzione di infrastrutture per servizi la cui durata presunta non è superiore ai dieci uomini giorno; abrogazione dell’obbligo di denuncia degl infortuni di durata superiore ai tre giorni all’autorità di pubblica sicurezza del comune dov’è avvenuto l’infortunio; semplificazione degli adempimenti relativi all’informazione, formazione e sorveglianza sanitaria alle prestazioni che prevedano una permanenza del lavoratore in azienda non superiore alle 50 giornate di lavoro.
«Nel nostro Paese il problema – spiega Oriella Riccardi, della segreteria della Cgil – non è la mancanza di norme in tema di sicurezza sul lavoro, quanto piuttosto la loro effettività che viene messa in crisi anche da queste semplificazioni».
«La conferenza Stato- Regioni – aggiunge Salvatore Manta del dipartimento sicurezza della Cisl – ha criticato molto questo nuovo impianto normativo. È un atteggiamento miope perché continuando a cambiare questa normativa si indeboliscono i presidi della sicurezza, con costi sociali altissimi, e non si danno certezze alle imprese».
In Italia ogni anno ci sono 800mila infortuni sul lavoro che costano alla collettività 3,5 miliardi di euro per le spese sanitarie e 5 miliardi per gli indennizzi da pagare a oltre 1 milione di invalidi. In provincia di Varese nel 2012 gli infortuni denunciati sono stati 10.520 di cui sette mortali. «C’è stata una lieve diminuzione – spiega Salvatore Minardi responsabile del dipartimento sicurezza della Cgil – ma non dimentichiamo che a causa della crisi sono diminuite sensibilmente le ore lavorate, quindi la percentuale è ancora molto alta».
Ci sono comparti dell’economia che sono a rischio più di altri, in particolare quello dell’edilizia che vanta il triste primato per numero di infortuni sul lavoro, una situazione in parte addebitabile alla pericolosità della lavorazione e in parte all’eccessiva frammentazione del processo produttivo che non consente un livello adeguato di controllo perché è sempre più difficile capire chi è l’imprenditore e chi è il dipendente. Nei cantieri edili, soprattutto in quelli dove regna il subappalto, lavorano una miriade di partite iva con un solo committente, ovvero lavoratori dipendenti camuffati da artigiani che alla fine pagano il prezzo più alto: la metà dei morti sul lavoro nell’ultimo anno in provincia di Varese era costituita da questo tipo di lavoratori. «Nell’esercito delle partite iva – spiega Roberto Pagano della segreteria della Cisl – ci sono molti lavoratori che un tempo erano iscritti al sindacato degli edili, alcuni di quelli che hanno subito infortuni mortali li conoscevo ed è per questo che noi ci mobilitiamo anche quando si parla di morte sul lavoro di piccoli imprenditori. Il trucco ormai lo conosciamo: sono muratori che vengono licenziati dai loro datori di lavoro e costretti ad aprire la partita iva per poter continuare a campare».
Secondo il sindacato c’è anche il problema della gerarchia nell’iter di denuncia dei rischi in un luogo di lavoro, questo fa si che il dipendente per non passare per il rompiscatole di turno evita di segnalare situazioni potenzialmente dannose per se stesso e per gli altri. «In questi anni – conclude Pietro D’Antone della Uilta – l’organismo paritetico ha lavorato molto sulla formazione perché la sicurezza sul lavoro è principlamente una questione culturale e non solo di costi».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Luglio 2013
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