Svizzera e Stati Uniti firmano l’accordo fiscale

L'intesa arriva a seguito di una controversia che si trascina da oltre due anni. Definisce gli estremi della cooperazione tra banche e autorità statunitensi nei limiti del diritto elvetico

Svizzera e Stati Uniti hanno raggiunto un’intesa  che dovrebbe porre la parola fine alla vertenza fiscale che si trascina da oltre due anni. La dichiarazione comune è stata firmata ieri a Washington dall’ambasciatore elvetico Manuel Sager e dal viceprocuratore generale del Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, James Cole.

L’accordo, "joint statement", rappresenta un compromesso tra le necessità dei due stati: quella statunitense di ottenere informazioni sui clienti degli istituti di credito svizzeri accusati di aver evaso il fisco americano e quella elvetica di tutelare lo storico principio del segreto bancario. La soluzione, si legge nella nota diffusa in mattinata dalla Segreteria di stato della Confederazione, «definisce il quadro di cooperazione delle banche con le autorità statunitensi e rispetta la sovranità e l’ordinamento giuridico svizzero». Tre i documenti prodotti: la dichiarazione comune dei governi dei due Paesi, il programma unilaterale statunitense al quale le banche possono partecipare volontariamente e, da parte della Svizzera, il modello di autorizzazione che regge la cooperazione delle banche con le autorità statunitensi.

Autorizzazioni e multe miliardarie – L’accordo offre, alle banche non oggetto di inchieste penali da parte degli Stati Uniti, la possibilità di aderire al programma americano e ottenere una sorta di certificazione, la "Non target letter". Per farlo dovranno richiedere un’autorizzazione al Consiglio federale svizzero. La cooperazione «non è tuttavia applicabile ai dati relativi ai clienti, che possono essere forniti soltanto nel quadro di una domanda di assistenza amministrativa». Gli istituti che invece hanno «motivi fondati per credere di aver violato il diritto fiscale statunitense potranno, entro il 31 dicembre 2013, richiedere alle autorità americane un "Non-Prosecution Agreement": dovranno in seguito fornire alle autorità americane informazioni sulle loro operazioni transfrontaliere ma non i nominativi di clienti». Nei confronti delle banche che rientrano in quest’ultima categoria sono previste delle multe salate: l’importo delle sanzioni «sarà commisurato al volume del patrimonio statunitense amministrato non dichiarato e dipenderà dal momento in cui i conti sono stati aperti. Le multe corrispondono al 20 per cento per i conti esistenti al 1° agosto 2008, al 30 per cento per i conti aperti tra il 1° agosto 2008 e il 28 febbraio 2009. Se una banca ha ancora aperto un conto con un patrimonio statunitense non dichiarato dopo il 28 febbraio 2009, la multa corrisponde al 50 per cento».

La reazione delle banche svizzere – Ed è proprio l’entità dei provvedimenti sanzionatori a preoccupare maggiormente l’Asb, l’Associazione svizzera dei banchieri: «Il programma – si legge nella presa di posizione dell’organizzazione – comporta gravi conseguenze per le banche in Svizzera. In particolare, le sanzioni sfiorano il limite accettabile sul piano giuridico e sostenibile sotto il profilo economico». L’Asb riconosce però che «il programma rappresenta tuttavia l’unica soluzione rimasta alle banche per regolare in via definitiva i problemi giuridici con gli USA e garantire la certezza del diritto. L’associazione raccomanda ora a ogni banca di analizzare la propria situazione senza alcuna riserva entro il breve termine disponibile e di decidere quindi di conseguenza».

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Pubblicato il 30 Agosto 2013
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