Gli operai della Riva Acciaio: “Siamo costretti a non lavorare”

Da giovedì notte gli impianti siderurgici non funzionano per la decisione della famiglia Riva di mettere in mobilità 1400 lavoratori. Ma l'azienda di Caronno fino a quel momento andava bene

Costretti a non lavorare. È questo il paradosso che vivono i 163 lavoratori della Riva Acciaio di Caronno Pertusella. Da giovedì notte gli impianti siderurgici non funzionano per la decisione della famiglia Riva di mettere in mobilità 1400 lavoratori perché il sequestro dei conti correnti disposto dalla magistratura non gli permette di far fronte ai pagamenti dei fornitori e degli stipendi. L’azienda di Caronno fino a a quel momento andava bene, così bene che si parlava anche della necessitá di aumentare il carico dei turni da 109 ore settimanali a 126 e di nuove assunzioni.

I lavoratori hanno deciso di fare un’azione di protesta in via Bergamo davanti all’azienda per ribadire che a loro interessa solo lavorare. Non ci sono slogan contro la proprietà e nemmeno contro la magistratura, ma un sano orgoglio di appartenenza. «Noi siamo la Riva» urlano gli operai in mezzo alla strada, mentre alcuni di loro fermano il traffico per volantinare, chiedendo scusa agli automobilisti.
Il paradosso peró non può durare a lungo perché fermare un impianto siderurgico, che  è una lavorazione molto complessa, puo’ avere effetti negativi immediati. «C’è un laminatoio qui vicino – dice Gianfranco Mocci della Rsu aziendale – che ha già dirottato i suoi ordini ad altri impianti. Io non ce l’ho con i Riva e non entro nel merito del provvedimento dei magistrati. Anche perché se a uno gli tolgono il portafoglio mentre va a fare la spesa al supermercato che colpa ne ha».
E all’Ilva di Caronno la spesa ha numeri da capogiro: nello stabilimento di via Bergamo, per fare due esempi, entrano rottami per 600 mila euro al giorno e si consuma energia per due milioni di euro al mese.
Da giovedì notte i lavoratori sono in cassa integrazione, tutti parlano di fulmine a ciel sereno perché dopo il primo provvedimento del blocco dei beni, il gruppo Riva Acciaio aveva aperto nuovi conti correnti per far ripartire proprio gli impianti lombardi ottenendo un fido di 50 milioni di euro da Banca Intesa. «È stata un’iniezione di denaro fresco che ha consentito di lavorare bene – dice Giovanni Tonelli della Fiom Cgil -. Insomma, questa è un’azienda sana e l’unica soluzione è riprendere l’attività produttiva, questo a Roma devono saperlo».
I delegati sindacali definiscono l’azienda un impianto modello sia dal punto di vista della sicurezza che dell’impatto ambientale, «Due aspetti sui quali qui si è investito molto» ribadisce la rsu Marcello Valente.
«È come quando in guerra delle persone muoiono sotto fuoco amico» dice Otello Amabile della Uilm perché il paradosso è che la Riva Acciaio di Caronno Pertusella, dopo 57 anni di attività, rischia di chiudere non per la crisi economica e nemmeno per la mala gestione ma per «effetti collaterali».

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I dipendenti dell’Ilva di Caronno Pertusella in presidio permanente 4 di 20
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Pubblicato il 16 Settembre 2013
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