Canone concordato, la proposta di Pd e Sel per la casa

I due gruppi in consiglio propongono la revisione degli accordi territoriali con le associazioni territoriali di proprietari e inquilini. Si possono ottenere pigioni più basse e sgravi fiscali

Emergenza abitativa, Sel e il Pd propongono l’utilizzo del canone concordato. Con una mozione di indirizzo al consiglio comunale, i consiglieri dei due partiti di opposizione chiedono la revisione dell’accordo territoriale per inserire questa possibilità che giudicano favorevole sia ai proprietari che agli inquilini. In un momento in cui il numero degli sfratti per morosità è in netto aumento presso le cancellerie dei tribunali servirebbe una revisione dei contratti che permetta di evitare situazioni che ingolfano i tribunali e, soprattutto, rischiano di lasciare intere famiglie all’addiaccio da un giorno all’altro.  Per stabilire i canoni concordati per prima cosa è necessario che si attivino il comune e le associazioni più rappresentative a livello locale dei proprietari e degli inquilini. Insieme devono infatti stabilire le modalità di valutazione degli immobili e, per ogni tipologia individuata e per ogni quartiere, definire un canone minimo e uno massimo; il prezzo del canone concordato sarà quindi più basso di quelli di mercato, calcolati nella fascia compresa tra i minimi e i massimi individuati.

Rispetto ai contratti  liberi ci sono due differenze fondamentali. La prima è che durano meno: tre anni più due di rinnovo automatico alla prima scadenza o altri 3 previa intesa. La seconda sono le agevolazioni fiscali. Per i proprietari esistono tre interessanti sconti fiscali, più una potenziale, a seconda dei comuni. L’imponibile irpef (la parte del canone, cioè, che va dichiarata sul 730 o sull’unico) è del 66,5%, anziché l’85% ordinario, nel caso in cui non si scelga la cedolare secca, l’imposta di registrazione (che proprietario e inquilino devono di norma pagare metà per uno) è dell’1,4% annuo sul valore del canone, anziché del 2%. Per chi sceglie l’opzione della cedolare secca anziché l’irpef sul 730, l’aliquota unica è ridotta dal 21% al 15%. Si tratta di una grande novità che rende giustizia a chi sceglie questo tipo di contratto.

I comuni, inoltre, possono stabilire aliquote più basse per l’imu o maggiori detrazioni. Il governo dispone che i comuni possono portare al 4 per mille l’aliquota imu per queste abitazioni, che diversamente sarebbero soggette alla fascia compresa tra il 7,6 e il 10,6 per mille delle seconde case. (Il Comune in ogni caso dovrà pagare la parte erariale allo stato come se fossero seconde case)
Per gli inquilini a basso reddito, inoltre, sono stabilite detrazioni fiscali sulla dichiarazione dei redditi rispettivamente di 495,80 euro (se il reddito complessivo che non supera  15.493,71 euro), e di euro 247,90 (se il reddito complessivo giunge fino a 30.987,41 euro).

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Dicembre 2013
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