Svizzeri al voto sui frontalieri. E i topi tornano in campagna elettorale

L'Udc svizzera chiede limiti all'immigrazione, compresa quella pendolare. In Parlamento i deputati del Pd chiedono al Governo di tutelare i lavoratori italiani

bala i ratt topi frontalieri artigiani svizzeraC’è preoccupazione, e non solo tra i frontalieri, in vista del voto di domenica 9 febbraio. I cittadini svizzeri saranno infatti chiamati a esprimersi sull’iniziativa dell’Udc "Contro un’immigrazione di massa", un argomento che sta guadagnando parecchi consensi tra la popolazione (secondo i sondaggi il fronte del "Sì" sarebbe in netto recupero e nel vicino Cantone i favorevoli avrebbero ormai superato il 50 per cento). 

L’iniziativa della destra conservatrice, il cui titolo non lascia spazio a molte interpretazioni, chiede in sostanza di introdurre dei limiti alla libera circolazione delle persone all’interno della Confederazione e di ripensare di conseguenza anche le norme che regolano l’ingresso dei pendolari italiani. I sostenitori sono in piena campagna elettorale e in Ticino non risparmiano slogan e vecchie metafore contro la presenza italiana nel Cantone. Con la campagna elettorale è tornata anche l’ormai nota "Bala i ratt", immagine già sfruttata durante le passate elezioni politiche per cavalcare il malcontento della popolazione riguardo all’aumento dei frontalieri. Questa volta però i ratti non vogliono rappresentare soltanto i lavoratori ma anche quelli che gli svizzeri definiscono "padroncini", termine non proprio riverente per indicare gli artigiani e i piccoli imprenditori, provenienti principalmente dal Varesotto e dal Comasco, che operano in territorio elvetico.

Per gli oppositori, in caso di successo dell’iniziativa dell’Udc, si assisterebbe a un grave ritorno al passato. Un’evenutale vittoria del sì sarebbe da interpretare inoltre come un forte segnale di chiusura nei confronti dell’Unione Europea

accordo fiscale frontalieri Ma non è solo l’esito della votazione a impensierire chi ogni giorno varca la dogana per lavorare. In molti si interrogano sulle implicazioni che potrebbero derivare dalla trattativa in materia fiscale in corso tra i due Paesi nella quale, oltre al tema portante della tassazione dei capitali italiani detenuti nelle banche svizzere e sconosciuti al fisco, rientra anche l’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri. Nei giorni scorsi, a seguito della sua visita in Svizzera, il ministro Fabrizio Saccomanni ha dichiarato che la trattativa internazionale è in pieno svolgimento e che entro maggio si dovrebbe arrivare a un accordo definitivo. Nel frattempo però il Governo ha approvato la cosiddetta "voluntary disclosure" che consente ai contribuenti titolari di capitali non dichiarati detenuti all’estero, di regolarizzare la propria posizione. In questo contesto di transizione è stata presentata alla Camera un’interrogazione a prima firma dell’onorevole del Pd, Maria Chiara Gadda, sottoscritta dai deputati comaschi Chiara Braga e Mauro Guerra, per chiedere ai ministri degli Esteri e dell’Economia «quali forme di tutela il Governo intende attuare per salvaguardare il quadro normativo che disciplina l’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri, con particolare riguardo alla questione dei ristorni». Quest’ultima riguarda le somme (circa 50 milioni di franchi all’anno) che Berna versa all’Italia e che spettano ai comuni di confine per la realizzazione di opere e infrastrutture di pubblica utilità. 

maria chiara gadda pd«L’interrogazione – spiegano le onorevoli Braga e Guerra- giunge a seguito dell’approvazione quasi unanime, lo scorso 29 gennaio 2014, da parte del Gran Consiglio (il Parlamento del Canton Ticino, ndr) dell’iniziativa cantonale in materia di imposizione fiscale con la quale il Canton Ticino chiede all’Assemblea Federale svizzera l’abrogazione unilaterale dell’accordo fiscale sui frontalieri in vigore dal 1974. L’iniziativa è stata lanciata proprio come forma di pressione nei confronti del Governo elvetico in occasione delle trattative su un nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera sulla tassazione dei capitali esportati illecitamente. A questo si accompagna il referendum elvetico del prossimo 9 febbraio promosso dal partito conservatore dell’Udc. La speranza è che, come purtroppo già avvenuto egli anni passati, non si fomentino sentimenti di avversione inutili soprattutto in un periodo di forte crisi come quello attuale, agendo sulle paure dei cittadini e dei lavoratori, e soprattutto non si utilizzino i frontalieri come strumenti di scambio o peggio di ritorsione sui quali far pesare gli esiti di importanti negoziazioni e accordi futuri».

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Pubblicato il 04 Febbraio 2014
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