Automazione dei lavori: le macchine ci ruberanno davvero il lavoro?

La computerizzazione sta avvenendo così velocemente, che un cambiamento drastico nelle figure professionali potrebbe avvenire già nei prossimi decenni

Terminator, io robot, Matrix. Il tema delle macchine che prendono il controllo sugli umani fa parte dell’immaginario collettivo e della fantascienza distopica già da anni. Nel futuro pessimista che ci immaginiamo oggi, sono sempre gli uomini come in “1984” di George Orwell a causar male a sé stessi, ma indirettamente, attraverso la creazione delle macchine. Fantasia a parte, siamo molto lontani dalla creazione di una macchina senziente e il problema reale che ci poniamo al giorno d’oggi è quello dell’automazione di sempre più aree lavorative.
Un saggio di Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne, ricercatori dall’università di Oxford sulla robotica e l’impatto delle tecnologie future, predice che metà dei lavori attualmente esistenti potrebbero essere rimpiazzati dalle macchine in dieci o vent’anni. Settori più a rischio: il manifatturiero, supporto amministrativo (segreteria e archivi), vendita e addirittura i trasporti.

Infatti, google ha recentemente sviluppato dei veicoli senza volante, accelleratore o freno, semplicemente perché si guidano da soli, riporta il new york times, che continua ponendosi il quesito: “forse presto non serviranno più neanche gli autisti dei taxi”. Altro esempio lampante gli esperimenti fatti da Amazon con i droni negli Stati Uniti.Tutti i lavori che richiedano una routine, insomma, come quelli di fabbrica, o quelli che possano essere risolti da algoritmi semplici, principalmente lavori di contabilità, secondo i ricercatori di Oxford avranno una possibilità di essere rimpiazzati del 99%. Tra i posti che rimarranno sicuramente intatti, nonostante “l’avvento” delle macchine: forze dell’ordine, dentisti, chirurghi e meccanici. Tutti posti per cui sono richieste expertise manageriale e creatività. L’economist prova a rassicurare il lettore, facendo l’esempio della rivoluzione industriale, che ha eliminato molti lavori, creandone altri al contempo. Infatti, non troppo tempo fa la produzione agricola impegnava gran parte della popolazione, mentre adesso la percentuale dei contadini nei paesi industrializzati orbita tra l’1 e il 2%, con aumento notevole nella produzione.
Il New York Times, invece, ha voluto intervistare gli esponenti di spicco di Silicon Valley, che si sono divisi tra allarmi di una presa di potere apocalittica dei “robot” e chi invece ritiene che stiamo andando in contro ad un mondo all’insegna della comodità. Tra i più utopici Hal Varian di Google: «Quanto vi è dispiaciuto che le vostre lavatrici e lavastoviglie abbiano rimpiazzato il lavaggio a mano? In passato il rimpiazzo dei lavori è stato accolto con entusiasmo e lo sarà anche quello che avverrà nei prossimi 10 anni. Tutti vorrebbero avere più posti di lavoro, ma fare sempre meno fatica». Poi c’è chi grida alla crisi, come Karl Fogel, di Open Tech Strategies: «andiamo incontro ad una futura società con un sempre maggiore surplus di umani. Questo porterà ad una crisi del lavoro a lungo termine». Altri ancora, lasciano semplicemente perplessi: «partner sessuali robotici diventeranno una cosa comune. La questione centrale nel 2025 sarà: a cosa servono le persone in un mondo che non ha bisogno del loro lavoro, e dove basta una minoranza a guidare l’economia guidata dai robot», dice Stowe Boyd, di GigaOm research.
Mentre il 2025 è forse troppo presto per parlare di partner sessuali robotici che guidano l’economia, l’Europa ha cominciato ad adoperarsi per affrontare la computerizzazione. La Commissione, il 12 luglio 2014 ha pubblicato un’intervista rilasciata da Julie Kronstrøm Carton, dell’università per gli studi sul futuro di Copenhagen. La futurista (non stiamo parlando d’arte) e l’Unione, però, ritengono esagerato parlare di solo dieci anni a partire da adesso, e fissano per il 2050 l’anno in cui questo ricambio avverrà in gran parte del mondo industrializzato.
«Da una parte avremo persone altamente connesse, molto mobili, con colleghi globali ed un alto livello di specializzazione. Dall’altra, avremo un notevole gruppo di persone che lavora nei servizi e in settori con già un alto livello di automazione, che avranno molte più difficoltà nel trovare lavoro. Altre caratteristiche che diventeranno una sorta di specializzazione nel settore dei servizi saranno: l’essere efficienti e produttivi, adattarsi ai cambiamenti e la costruzione di un rapporto con i clienti. Per il futuro ritengo che bisogna rispondere alle seguenti domande: come rendiamo il lavoro più flessibile per chi lo vuole? Come costruiamo un sistema di sicurezza per chi invece vuole giocare d’azzardo e mettersi in gioco? E Come possiamo aiutare i sindacati ad aiutare i lavoratori in proprio come fanno con i dipendenti?». Comunque, circa dieci anni fa, le previsioni sull’evoluzione della telefonia mobile vedevano un futuro con telefoni sempre più piccoli, ma tendenzialmente sempre uguali a sé stessi. L’era degli smartphone ha largamente smentito queste previsioni, riconfermando l’unica risposta plausibile a quesiti esistenziali del genere: il buon vecchio detto “chi vivrà vedrà”.

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Pubblicato il 09 Agosto 2014
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