L’alcol è come un amante

Dalla dipendenza si può guarire. Sabato 27 settembre alle 18 a Villa Recalcati, Violetta Bellocchio presenterà il libro “Il corpo non dimentica” (Mondadori) nell’ambito delle iniziative legate al Premio Chiara-Festival del racconto

La scrittrice Violetta Bellocchio, sabato 27 settembre alle 18, presenterà a Villa Recalcati il libro “Il corpo non dimentica” (Mondadori, 274 pagine, 17 euro) nell’ambito delle iniziative legate al Premio Chiara-Festival del racconto.
È difficile inquadrare questo libro. Certamente non è un saggio o forse lo era nelle intenzioni dell’editore. Non lo è nello stile, perché Violetta Bellocchio ha una scrittura letteraria, piena di ritmo e forza emotiva. Descrive la dipendenza dall’alcol, il fantasma che l’ha infestata provocandole un blackout di tre anni nella memoria, senza indugiare mai nella retorica o nel facile sentimentalismo. Anzi, Violetta è ironica e sincera, proprio come in una seduta degli alcolisti anonimi. 
Ricordare è doloroso ma necessario se si vuole ritornare a una vita normale e il suo corpo non ha mai dimenticato. Per liberarsi dal fantasma che ha cancellato la sua vita dai venticinque ai ventotto anni, deve provare a guardarlo in faccia da sola, senza invenzioni e ospiti. Meredith, la terapeuta, gli indica un percorso di 28 parole, scritte su un quaderno, una per ogni giorno, micce che devono innescare ricordi, chiavi necessarie per aprire le porte del futuro.

Solo una volta cerca riparo dietro una definizione: «Sono una binge drinker», una che si abbuffa di alcol, ma per le restanti 273 pagine la sua scrittura è sempre senza paracadute. Violetta Bellocchio (nella foto) non si nasconde dietro spiegazioni che tentano di inquadrare la dipendenza in modo semplicistico, attribuendo la colpa alla famiglia, anche quando è la migliore del mondo, o alla cattiva compagnia, anche quando non c’è alcuna compagnia. Se c’è un dolore o una causa da cui tutto questo ha origine, non è detto che sia per forza fuori di noi. Questo libro invece ci conduce dentro un’altra verità, più profonda e angosciosa: «È difficile smettere perché è impossibile accettare che niente ci farà sentire mai più così».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Settembre 2014
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