L’asfalto del parcheggio si gonfia, s’indaga nel sottosuolo

A fine 2013 il fenomeno era stato segnalato dai dipendenti AgustaWestland che lavorano nei capannoni Aviaport, realizzati sopra una ex cava. Ad agosto sono partiti carotaggi nel terreno per capire se ci siano materiali sottoterra

Strani rigonfimenti nel terreno, che crescono lentamente ma che hanno una forza tale da crepare la superficie in cemento di un parcheggio. È uno strano scenario, quello che si vede in un terreno dentro al polo logistico-industriale Avioport a Lonate Pozzolo: l’esposto alle autorità locali e ambientali fatto dai lavoratori dell’Agusta Westland – la più grande delle aziende insediate all’interno del complesso – ha portato ad una indagine della Procura di Busto Arsizio, con l’ipotesi che sotto terra ci possa essere qualcosa di pericoloso.

La Avioport gestisce un grande complesso ricavato dieci anni fa dal recupero della cava della Maggia e dei vicini impianti industriali dismessi: oggi ci sono quattro grandi capannoni di logistica ed edifici occupati da uffici, oltre ai parcheggi. La prima segnalazione è partita a fine 2013 dalla Rsu dello stabilimento di Lonate Pozzolo dell’Agusta Westland, che negli spazi di Avioport occupa due capannoni e una palazzina dedicata alla logistica dei pezzi di ricambio, con 150 addetti totali. Preoccupati per quei rigonfiamenti nel terreno, che arrivavano a crepare la superficie in asfalto tra il capannone C occupato da Agusta e il D vuoto (lo spazio grigio al centro nella foto sopra), i lavoratori Agusta hanno fatto un esposto a Comune di Lonate, Asl, Parco del Ticino e Arpa, segnalando appunto che "l’asfalto del parcheggio dell’ultimo capannone costruito da Avioport presenta, dopo solo un anno dalla realizzazione, anomali sfaldamenti, crepe, deformazioni ed ondulazioni". A distanza di pochi mesi la questione è poi approdata in Procura a Busto Arsizio (ma a inizio settembre i rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto conto ancora anche ad Asl e Arpa)

Nel mese di agosto sono stati effettuate due diverse campagne di carotaggi, per recuperare campioni da analizzare (nella foto a sinistra, il capannone D ancora in costruzione, ottobre 2011). Un lavoro accurato, effettuato su tutta la superficie interessata dalle "eruzioni", per capire esattamente se vi siano dei rischi e – in ogni caso – quale materiale abbia causato le spaccature nel terreno. L’ipotesi è che nel sottosuolo possano esserci rifiuti smaltiti non correttamente, forse anche di origine industriale e pericolosi (già in passato in cave della zona sono stati rilevate concentrazioni di metalli pesanti fuori dai livelli consentiti). La vicenda è oggi in Procura di Busto Arsizio, nelle mani del sostituto procuratore Rosaria Stagnaro.

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Pubblicato il 23 Settembre 2014
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