Uccisero il figlio che aspettavano, saranno processati insieme
Concessi domiciliari e affidamento del bimbo di un anno alla donna che partorì il feto di 30 settimane nel water di casa, annegandolo. Resta in carcere il compagno arrestato il 2 gennaio scorso
Per il momento resta in carcere G.S., il compagno della 21enne che lo scorso 25 aprile partorì il figlio di 30 settimane sul water facendolo morire annegato. L’uomo era stato arrestato lo scorso 2 gennaio dai carabinieri del Nucleo Operativo di Busto Arsizio su richiesta del sostituto procuratore Francesca Parola, titolare delle indagini. L’uomo è stato interrogato dal giudice per le indagini preliminari ma si è avvalso della facoltà di non rispondere ma avrebbe dichiarato al giudice di non avere intenzione di fuggire, nè di inquinare le prove e chiesto la misura degli arresti domiciliari ottenendo l’opposizione del magistrato.
Alla donna, che secondo la perizia di parte sarebbe perfettamente in grado di intendere e di volere, sono stati concessi gli arresti domiciliari e l’affidamento del bambino di un anno nella stessa casa dove si sarebbe autoprovocata l’aborto tramite farmaci. L’incredibile doppia decisione del tribunale del Riesame, che ha concesso i domiciliari, e del Tribunale dei Minori lascia molte perplessità. Lo stesso magistrato ha fatto ricorso presso la Corte di Cassazione contro questa decisione anche perchè lo stesso tribunale del Riesame aveva sottolineato la possibilità che la donna potesse fuggire, occultare le prove e reiterare il reato. La decisione della Cassazione non arriverà prima della fine di gennaio. La Procura, infine, ha bloccato la chiusura delle indagini sulla donna in attesa della fine del termine per presentare ricorso al Riesame per il compagno in modo da poterli rinviare a giudizio entrambi per l’uccisione della bambina che aspettavano. Saranno processati insieme
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