Causa milionaria alla dipendente
Nelle pieghe dell'indagine della Procura di Busto Arsizio nei confronti dell'imprenditore-console per frode fiscale emerge la vicenda dell'impiegata incaricata di occuparsi, da sola, della contabilità dell'intero gruppo imprenditoriale
F. I., l’imprenditore-console di Lonate Pozzolo, indagato per frode fiscale, false fatturazioni e coinvolto in una presunta corruzione internazionale per aver ottenuto lauti compensi per la promozione di tre aziende della zona di Busto Arsizio nell’Africa subsahariana, ha intentato una causa nei confronti della ex-dipendente ritenendola reponsabile dell’ufficio contabile e di tutti gli errori (alla base delle contestazioni fiscali, ndr) commessi nei sei anni in cui ha lavorato per le sue società. Per questo motivo il legale dell’imprenditore ha intentato una causa nei confronti della donna, addetta alla contabilità di tutte le società del gruppo, chiedendole 2 milioni di risarcimento. Secondo quanto sostiene il suo legale, infatti, la donna non avrebbe svolto bene il suo lavoro e, dunque, su di lei ricadrebbe la responsabilità della mancata fatturazione di numerose prestazioni fornite da terzi nei confronti delle società del gruppo.
L’avvocato della donna, Massimo Negri del foro di Busto Arsizio, respinge completamente l’accusa e precisa in merito quanto segue:
L’ingiunzione di pagamento per il TFR, a suo tempo ottenuta dal Tribunale di Busto Arsizio, è avversata dal datore di lavoro ma è stata posta in esecuzione con plurime azioni di espropriazione (pignoramento dei conti correnti bancari intestati alla controllata del Gruppo Iseni), avendone conseguentemente ragione in danno della parte datoriale debitrice.
Le rivendicazioni retributive sono allo stato degli atti contestate dalla parte datoriale mediante una richiesta danni, nei confronti della dipendente, per oltre due milioni di euro. Tale domanda giudiziale (attualmente sub judice) di risarcimento del danno è, sempre allo stato degli atti, contestata dalla dipendente, mia assistita, perché ritenuta del tutto infondata in fatto ed in diritto».
In sostanza l’impiegata, pur essendo stata assunta per una mansione diversa (quarto livello, ndr), era stata applicata all’ufficio contabile (terzo livello, ndr) che – con il solo aiuto di un paio di commercialisti part time – si sarebbe occupata delle entrate e delle uscite di tutte le attività dell’imprenditore che svariano dalle cliniche alle attività sportive, compresa una fondazione che porta il suo nome. La donna è stata anche interrogata dal sostituto procuratore Pasquale Addesso e agli inquirenti avrebbe raccontato come le direttive di non richiedere fatture arrivassero direttamente dal suo datore di lavoro. Della vicenda si occupa il giudice del tribunale del lavoro di Busto ma appare chiaro come sia legata a doppio filo con l’indagine nei suoi confronti. Iseni, infatti, dopo i controlli fiscali effettuati dalla Guardia di Finanza di Busto Arsizio, non licenzia l’impiegata ma la mette in ferie forzate rimandando ogni decisione su di lei al suo rientro. La donna, però, non ci sta a prendersi la responsabilità di tutto e si licenzia di sua volontà, avviando anche la causa per ottenere tfr ed arretrati. A quel punto, dunque, scatta la controdenuncia da parte del console con la conseguente richiesta di risarcimento milionaria.
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