Laurenza lascia il Varese, ma non ci sono successori

Il presidente dà le dimissioni, società in vendita a zero: tocca a D'Aniello e Imborgia valutare le proposte. Evitate nuove penalità, sfuma l'attaccante Krstanovic. "Non sono più un valore aggiunto; ferito per la contestazione"

Varese vendesi: per informazioni rivolgersi a Giuseppe D’Aniello e Antonino Imborgia. Dalle 18,05 di lunedì 16 febbraio è questo l’ideale cartello appeso ai cancelli del “Franco Ossola”, perché il presidente Nicola Laurenza si è dimesso e ha incaricato i due dirigenti più alti in grado di trovare un acquirente per la società biancorossa. Nei 40′ di conferenza stampa di addio però, non sono emersi – come si ipotizzava alla vigilia – i nomi di possibili nuovi proprietari.


(Laurenza in conferenza stampa, al momento delle dimissioni)

L’idea diffusa infatti era quella di un passaggio di testimone tra Laurenza e qualcuno pronto al subentro, magari quegli invisibili finanziatori ticinesi fondamentali nel saldare alcune pendenze obbligatorie per non subire altre penalizzazioni. Soldi giunti anche oggi, giornata di scadenza per il pagamento dei contributi ai quali il Varese ha regolarmente ottemperato, escludendo così il rischio di un altro “meno 1” che sarebbe stato veleno per una classifica già problematica. Però, come detto, i nomi dei finanziatori non sono stati resi noti così come non si capisce se all’orizzonte ci siano proprio gli svizzeri pronti a rilevare le quote sociali dismesse da Laurenza. «I tempi e i modi per parlare di loro non sono questi; ho dato l’incarico a D’Aniello e Imborgia che valuteranno le proposte e me le sottoporranno: quando individueranno quella giusta andrò dal notaio e firmerò il passaggio delle quote» spiega l’ormai ex numero uno biancorosso, che non chiede soldi in cambio della società, per altro gravata dai noti debiti pregressi (la gran parte risalenti alla gestione Rosati-Montemurro).

Nel discorso di Laurenza ci sono alcune considerazioni importanti e interessanti: il presidente si prende, almeno a parole (ma non senza una punta di polemica), le colpe di questo finale ma ha scelto di farsi da parte adesso per lasciare tempi tecnici ampli ai suoi eventuali successori. «Credevo di poter coagulare intorno a me altri imprenditori locali alla squadra di calcio della nostra città: evidentemente non ci sono riuscito. Errore mio, ora lascio il campo: c’è tanta gente più ricca e più forte in provincia che ha le risorse per fare meglio». E ancora: «Lascio adesso, a febbraio, perché ho vissuto sulla mia pelle un acquisto a giugno, quando ormai gran parte dei giochi per la stagione successiva sono fatti. Non ho rimpianti per aver preso il Varese, anche se forse – il riferimento è ad Antonio Rosati – ho peccato di eccessiva fiducia nelle persone che mi hanno coinvolto. Forse ho sbagliato ma fa parte del gioco: chi non vive e non lavora non commette errori, ma credo che chi parla dal divano di casa sia peggio, perché sceglie di non vivere».

(Laurenza con D’Aniello e Imborgia: a loro il compito di trovare acquirenti)

Secondo Laurenza, la decisione di lasciare non è di questi ultimissimi giorni ma risale alle ultime settimane, e cioé «da quando ho capito di non essere più un valore aggiunto per la società. Certo, la contestazione di sabato mi è dispiaciuta: protestare è legittimo, ma certi termini e certi modi mi hanno ferito visto quali erano stati i rapporti tra me e i tifosi fino a quel momento. Vedere gli occhi di mio padre durante i cori nei miei confronti è una cosa che mi ha fatto molto male». Nella serie di frasi in risposta ai giornalisti, Laurenza non manca di tirare qualche stilettata: «Lotito con il suo gergo ha detto che certe cose non dipendono da noi: il Varese non sarebbe potuto andare in A tre anni fa e da due stagioni provano a farlo retrocedere». Su un incontro con Sogliano, tempo fa, Laurenza risponde: «Forse se avessi dato retta a lui o ad altre persone che ho incontrato, saremmo già falliti l’anno scorso. E comunque ogni discorso va inserito nel momento in cui accade» come a dire che oggi è inutile tornare a parlarne.
La chiusura è dedicata soprattutto a chi lavora nella società, dai dirigenti allo staff tecnico, agli impiegati ai giocatori. «Non ho ancora salutato la squadra e so che sarà molto dura, perché i ragazzi sanno che sono uno di loro. Mi ricorderò per sempre la salvezza dell’anno scorso: il gruppo fu fondamentale per raggiungere un risultato importantissimo. E ringrazio tutti quelli che hanno deciso di indossare la maglia del Varese, dai veterani che si sono ridotti il contratto a chi è arrivato quest’anno e lotta ogni sabato».

Dando, infine, l’ultima notizia della giornata e cioé che l’attaccante bosniaco Ivan Krstanovic non arriverà, nonostante l’incontro di oggi a Verona con Giuseppe D’Aniello. «Chi non accetta immediatamente la nostra maglia non è degno di indossarla» rivelando così che la punta ex Rijeka avrebbe avanzato pretese diverse rispetto ai primi accordi. Ora quindi, dal lato sportivo, Imborgia e il resto dello staff sono chiamati a trovare qualche altra soluzione per l’attacco della squadra di Bettinelli. Ma il compito più duro è ovviamente quello di “ingaggiare” investitori seri e forti per la causa biancorossa. C’è tempo sino al termine della stagione (le restanti scadenze non dovrebbero causare problemi di sorta), ma è bene accelerare i tempi. Altrimenti le dimissioni non saranno servite a nulla, e il Varese si ritroverebbe di nuovo in ginocchio, questa volta a tempo scaduto.

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Pubblicato il 16 Febbraio 2015
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