Gianfranco Pinelli ricomincia da tre…nta

È il guru del minibasket varesino e dopo tanti anni nelle società di vertice ricomincia da un piccolo club, il Baco Luca di Crocetti. «Con i bimbi non puoi mentire. Felice per Moretti a Varese»

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Aveva iniziato ad allenare in piccole società della provincia: a Castronno, Arcisate, Vedano Olona. Poi i grandi club: Pallacanestro Varese prima, l’intermezzo del Campus e la Robur et Fides, con tanti giocatori plasmati dal suo intervento e tanti complimenti incassati per il lavoro svolto. Trent’anni dopo il suo esordio da allenatore, Gianfranco Pinelli ha deciso di ripartire da capo: quello che è considerato il miglior istruttore sulla piazza del minibasket – uno dei migliori d’Italia, tanto per intenderci – ha risposto alla chiamata dell’amico Vincenzo Crocetti e da quest’anno è tornato ad allenare in provincia. Destinazione dal nome curioso, il “Ba.co. Lu.ca.” – che sta per Barasso-Comerio- Luvinate-Casciago – società piccola ma in crescita (creazione dello stesso Crocetti, ex giocatore e allenatore molto noto a Varese e dintorni) nella quale Pinelli ha deciso di proseguire il proprio percorso. E accanto al Baco Luca ha anche accettato l’incarico di direttore tecnico del minibasket dell’OrMa Malnate che comprende anche il centro Phoenix Cantello, giusto per rimanere nel circuito del basket meno conosciuto.

Gianfranco, che differenza c’è tra le richieste di una grande società e quelle di una piccola realtà, quando si parla di minibasket?
«Gli obiettivi sono un po’ differenti, è chiaro, però è anche vero che io prendo i bambini da molto piccoli e per fortuna posso fare sempre le stesse cose. A questa età i bimbi devono avere “competenze da minibasket”, e cioé essere capaci di iniziare a giocare a pallacanestro. Non a caso secondo me, l’ideale è che l’allenatore dell’ultimo anno di minibasket sia anche quello del primo anno di esordienti: con Vincenzo sono d’accordo di fare così».

Dopo tanti anni a fare l’istruttore, non le è tornata la voglia di tornare ad allenare una categoria di età superiore?
«Io cominciai come coach, ma per una regola federale introdotta tanti anni fa diventai istruttore di minibasket, altrimenti avrei dovuto abbandonare la pallacanestro giocata. Ora, dopo tanto tempo, ho mani e piedi nel minibasket e ho incarichi anche a livello federale visto che sono – con Chiapparo e Marcangeli – tra i responsabili dell’area Varese, Como e Lecco. Insomma, è dura». (ma sull’argomento interviene Crocetti – nella foto in basso –: «Sono felice che Gianfranco ci possa dare una mano anche per l’aspetto formativo dei ragazzi, l’idea è quella di affidargli anche qualche gruppo superiore»).

Qual è l’insegnamento principale che ha ricevuto in tanti anni di lavoro?
«Con i bambini devi essere trasparente: puoi mediare ma non puoi mentire. Sono puri e si accorgono quando fai qualcosa che non è nel loro interesse: pendono dalle tue labbra e non puoi tradirli. Le mie priorità quindi sono chiare fin da subito: famiglia, scuola e pallacanestro. Ricordo loro di ringraziare i genitori e i nonni per l’opportunità che ricevono venendo in palestra. Faccio un po’ il fratello maggiore: dirigo la barca ma resto uno di loro, un po’ più grande…».

C’è stato un episodio dopo il quale ha detto “mollo tutto”?
«Non direttamente, ma ho visto scene che mi hanno fatto pensare “non voglio essere io a fare così”. Penso a quel collega che invitava il bambino scarso a commettere il quinto fallo per poter rimettere in campo quello bravo (nel minibasket i minutaggi sono garantiti a tutti per regolamento ndr) o a quei dirigenti che a 9 anni pretendono che la squadra abbia “l’asse play-pivot”».

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Ci ricordi, per favore, i giocatori che ha svezzato nelle sue squadre.
«Ce ne sono molti; ho sfiorato Meneghin che lavorava con Crocetti, poi ho preso Giadini, Allegretti, i Gergati, Canavesi, Leva, Rosignoli. Altri come Martinoni li ho avuti per un lasso di tempo limitato. E ce ne sono ancora molti».

Di quelli che ha incontrato e cresciuto, chi poteva puntare a una carriera migliore di quella effettivamente avuta?
«Molti, anche se sono tanti i motivi per i quali ciò non è accaduto. Penso a Luca Merli, ad Andrea Conti, a Colonnello, Cazzaniga e Calamia ma anche in parte a Martinoni e Rosignoli… Sono contento per Mian, un talento che Varese ha lasciato andare e che ora è stabile in Serie A: su di lui ero stato profeta».

Quanto dovremo attendere per avere un ragazzo varesino capace di nuovo di ottenere un posto “vero” nella massima serie?
«Temo si debba aspettare ancora diversi anni: salvo sorprese, bisogna cercare negli attuali gruppi delle under 14 nei quali ci sono elementi futuribili».

Lei è molto amico di Paolo Moretti: come è nato questo rapporto? E che ne pensa del suo arrivo alla Openjobmetis?
«Ci conosciamo da anni grazie ai tornei giovanili, perché io allenavo e lui era presente come papà (il figlio Davide è un prospetto molto interessante, quest’anno giocherà a Treviso ndr); con lui è nato un rapporto di sincera amicizia grazie a diversi episodi dentro e fuori dal campo di gioco tra cui la mia passione per Roberto Brunamonti, suo compagno alla Virtus Bologna. Sono felice che alleni Varese e gli auguro tutto il bene possibile, anche di rimanere per tanti anni nella nostra città. È una persona dotata di una sensibilità rara, abbiamo modi simili di vedere il gioco: spero davvero che faccia bene».

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Settembre 2015
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