I soldati in grigioverde e le donne nei campi, un paese “rivive” la Grande Guerra

Una mostra in biblioteca, una conferenza e uno spettacolo teatrale costruito sulle lettere degli abitanti: un omaggio a chi per tre anni ha lottato per la sopravvivenza

carnago prima guerra mondiale divise

Prima partirono i ventenni, poi i richiamati alle armi –  i trentenni e i quarantenni -, alla fine i ragazzini del 1899. E al paese – sui terreni coltivati, nelle stalle umili e curate, negli opifici – rimasero le donne, chiamate a “combattere” per la sopravvivenza.  Carnago ricorda così la tragica stagione della Grande Guerra, che dal 1915 segnò anche il più piccolo paese d’Italia.

Un racconto profondamente ancorato al paese e alla sua storia, dentro la grande Storia: «Siamo partiti da un ex voto alla Madonna dei Miracoli, dalla preghiera di soldato che partiva» racconta Antonio Zanoletti, regista teatrale che ha scritto il testo che andrà in scena domenica 13 settembre (ore 16), in occasione della festa patronale e a conclusione di una settimana dedicata proprio alla memoria del conflitto “del 15-18”, la grande guerra per antonomasia ancora oggi. Lo splendido e stimolante ambiente della biblioteca Bi.Ca. – un’antica canonica divenuta oggi curatissimo spazio culturale – ospita infatti da sabato 5 settembre la mostra dedicata “Un paese in uniforme”, dedicata ai soldati, primi protagonisti (anche nella storia locale) di quella vicenda: sono esposte anche diverse divise, che nei loro ruvidi tessuti grigioverdi raccontano la durezza della vita militare di quegli anni, la stessa testimoniata nelle lettere dal fronte di tanti fanti, artiglieri, genieri. Sono esposte le cartoline che raccontano quasi in contrappunto la narrazione “alta” di quel conflitto, tra consapevole propaganda e ingenuo racconto fatto da chi scriveva e disegnava lontano dalle trincee: il compimento del Risorgimento, la retorica dell’ineluttabile scontro con i germanici, la lotta contro “la barbarie nemica sul suolo della Patria” (per dirla con le parole del primo sacrario di Redipuglia).

Lontane – ma idealmente accanto – ai soldati stanno le donne di Carnago, madri e mogli che rimangono al paese e che si sostituiscono alla presenza maschile, man mano che il conflitto si fa più duro e la mobilitazione più ampia. Donne che prendono il posto di mariti, padri e figli nei già consueti lavori agricoli nei campi e nelle stalle, negli opifici tessili ma anche nelle officine meccaniche (succede in tutta Italia, ma non va dimenticato che qui siamo appena ai margini della industrializzata area dell’Alto Milanese). Le voci di soldati e donne rivivono nello spettacolo messo in scena da Zanoletti, allievo di Giorgio Strehler al Piccolo Teatro, regista di lungo corso, approdato negli anni Novanta al teatro ispirato al sacro e al religioso, con la “Compagnia dell’Eremo”.

Uno spettacolo «pensato come una lunga sequenza cinematografica, per omaggiare chi ha combattuto sul fronte» ma – appunto – anche «chi ha combattuto la battaglia di sopravvivenza». Proprio le donne saranno le protagoniste della rappresentazione, che farà rivivere gli anni duri del conflitto attraverso le lettere dei soldati dal fronte e quelle delle famiglie inviate dal paese. Un teatro – dice Zanoletti – che unisce «teatro sacro e civile», visto anche il contesto: lo spettacolo s’inserisce nella festa della Madonna dei Miracoli, devozione di Carnago che s’intreccia con i fatti della storia, come ha ricordato anche Alberto Carabelli, rappresentante del Comitato dei Rioni di Carnago. Anche alcuni abitanti del paese saranno coinvolti come comparse a fianco degli attori.

La settimana dedicata alla memoria del conflitto europeo – promossa anche dall’assessorato alla cultura del Comune, guidato da Alvaro Guidolin – comprende anche un incontro-conferenza, ” La Prima Guerra Mondiale in provincia di Varese”, a cura di Federico Colombo, sabato 12 settembre alle 11, sempre nello spazio della Bi.Ca., biblioteca comunale di Carnago.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 06 Settembre 2015
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