“Quel libro mi ha danneggiato”, la moglie di Umberto Bossi ottiene il risarcimento
I due giornalisti varesini, autori del libro sulla famiglia Bossi uscito nel 2012, sono stati condannati a pagare 23 mila euro in sede civile per alcune affermazioni ritenute lesive dell'immagine di Manuela Marrone
Dovranno risarcire la signora Manuela Marrone, moglie di Umberto Bossi, perché alcune parti di quel libro l’hanno danneggiata. I giornalisti varesini Giorgio Michieletto e Valentina Fumagalli sono stati condannati dal giudice civile del tribunale di Varese, Claudia Bonomi, a pagare 23 mila euro (oltre alle spese processuali) per alcune parti che la riguardano all’interno del libro scritto a 4 mani sulla famiglia Bossi dal titolo, appunto, “The Family”.
Il volume, uscito nel pieno della tempesta giudiziaria e mediatica che ha profondamente cambiato il volto della Lega Nord facendo fuori (politicamente) Umberto Bossi e il figlio Renzo, è stato pubblicato nel 2012 da Cairo editore e ha venduto 2600 copie.
Il perché della condanna è contenuto nelle 81 pagine di motivazione depositate nei giorni scorsi nelle quali il giudice esamina una dopo l’altra le frasi che ha ritenuto «lesive e diffamatorie». In particolare sono state ritenute tali dalla donna, difesa dall’avvocato Sergio Terzaghi del foro di Varese (in foto) , cinque parti del libro che si focalizzano sulla moglie del Senatur e che raccontano particolari della sfera familiare ma non solo.
Il giudice si è soffermato sulla vicenda dell’acquisto di una cascina a Brenta che i due giornalisti sostenevano fosse finita nell’inchiesta giudiziaria sull’uso dei soldi del partito da parte di Umberto Bossi. «Non sussisterebbe la strettissima corrispondenza tra verità del fatto e narrazione – scrive il giudice – in quanto non c’è alcun riscontro credibile in ordine alle indagini ma solo la produzione di uno stralcio di un articolo on-line del quotidiano Leggo».
Altro punto sul quale si sofferma il giudice è la vicenda dei presunti tradimenti del marito che non trovano alcuna giustificazione da parte dei due giornalisti che si sono basati su «chiacchiere del tutto indimostrate non solo quanto al contenuto ma prima ancora quanto alla loro effettiva sussistenza, provenienza e propalazione».
Sempre nell’ambito della vita familiare e delle attività in cui era impegnata Manuela Marrone, sono state definite lesive anche le parti in cui la donna viene descritta come una pessima cuoca e come una donna umorale, che si sbarazza di collaboratori fidati da un giorno all’altro, nell’ambito della scuola Bosina della quale è una delle fondatrici.
La parte più cospicua delle motivazioni che hanno portato alla condanna, però, il giudice la riserva alle pratiche esoteriche che vengono attribuite alla donna. Non sono bastate a giustificare le affermazioni a riguardo, contenute nel libro, le citazioni di articoli da varie testate che si erano occupate di questa notizia. In particolare Michieletto e Fumagalli non avrebbero fornito riscontri sulla «frequentazione assidua di maghi e cartomanti» da parte della Marrone.
L’unica fonte certa, sul punto, è la citazione di un’intercettazione nell’ambito delle indagini a carico dell’ex-tesoriere della Lega Nord Belsito nella quale la segretaria amministrativa di via Bellerio, Nadia Dagrada, riferisce di aver visto «la mansarda (della villa di Gemonio, ndr) con una brandina […] e per terra, piena piena, che prende tutta la stanza, libri di magia nera».
I due giornalisti, però, aggiungono al racconto le dicerie e i pettegolezzi sull’argomento tra chi la chiama “la fattucchiera di Gemonio” e chi sostiene che “prima di ogni decisione si consulti con maghi e sensitivi”.
In conclusione il giudice Bonomi sostiene che l’opera nel complesso non è di natura diffamatoria (per la gran parte delle 150 pagine, infatti, la descrivono come una figura positiva, forte e dinamica, molto legata alla famiglia e appassionata del proprio lavoro, ndr) ma solo per alcuni brani.
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