Rinasce a Varese il brand “Misani”, l’orafo che firmava oggetti di culto

Un imprenditore varesino e una squadra di giovani manager hanno comprato il brand per rilanciarlo. La storia raccontata in un libro di Chiara Zangarini, pubblicato da Pietro Macchione

ivo misani l'orafo che creava oggetti di culto

Non capita tutti i giorni di salire nella sala al piano superiore del Caffè Zamberletti e poter ammirare dei gioielli firmati “Misani”. L’occasione è stata la presentazione del libro di Chiara Zangarini pubblicato da Pietro Macchione Editore che ripercorre la storia di Ivo Misani e di un brand che a partire dalla prima metà degli anni sessanta ha rappresentato una vera avanguardia dell’oreficeria.

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La presenza di tanta bellezza a Varese non è però casuale, perché dal 2014 la proprietà del marchio è passata a Marco Bartolomei, imprenditore varesino attivo nella finanza e presidente della Sgr 8a+, società di gestione del risparmio indipendente fondata nel 2006. «Il nostro obiettivo – spiega Giorgio Damiano amministratore delegato della Misani spa – è rivitalizzare con un occhio imprenditoriale questo brand che è ancora un’icona dell’italian style. C’è tantissimo lavoro da fare ma noi vediamo i semi che possono germogliare nel mondo».

Il brand è già molto conosciuto in Spagna e in Giappone, ma l’obiettivo è quello di approdare negli Usa, in Cina, in Russia e in Brasile, paesi molto sensibili ai prodotti di lusso soprattutto se portano una firma italiana. «Noi rimaniamo una nicchia – continua Damiano – e non ci vogliamo snaturare. Ciò però non ci impedisce di confrontarci con mercati nuovi. Questo è un prodotto che non ha vie di mezzo, o piace o non piace».

La squadra della Misani spa è composta dalla designer Susanna Roda, dal manager Pietro Bartolomei che si occupa del mercato estero, dalla responsabile marketing Maria Garcia Lopez, da due commerciali e quattro storici artigiani che realizzano gioielli made in Italy nel vero senso della parola. E nonostante Ivo Misani negli anni ’80 fu uno dei primi orafi in Italia a dotarsi di un programma informatico studiato su misura per le sue creazioni, oggi l’uso del computer è ridotto al minimo. «Io ho bisogno di sedermi accanto all’artigiano che sta realizzando il gioiello – spiega Roda – per seguirne passo passo il procedimento. La tecnologia non è funzionale a questo tipo di prodotto».

Le nuove creazioni si rifanno ai caratteri originari di Misani, oggi diremmo ispirati alla globalizzazione, parola che ai tempi dell’orafo milanese non era ancora presente nel vocabolario degli italiani. I suoi gioielli sono combinazioni di materiali e simboli culturali che spaziano dal Mediterraneo all’Africa nera passando per il Giappone. E così l’oro giallo convive con il cuoio, le murrine del Maghreb con le perle scaramazze (dalla forma irregolare), le pietre con il plexiglass. Sperimentazioni pure, veri e propri azzardi che, come accade nell’arte, anticipano le tendenze. Emblematico il racconto di Maurizio Bobbi: «Mi mandò alla Rinascente a proporre gli orologi di plastica. Mi guardavano come se fossi matto: allora era impensabile che un orologio potesse essere di plastica. Anni dopo scoppiò la moda degli Swatch».

La vera sfida per la nuova società non è dunque  solo economica perché molto dipenderà dalla capacità di rimettere al centro della missione imprenditoriale quel coraggio creativo che negli anni Ottanta ha fatto diventare Misani sinonimo di autore di oggetti di culto. «Era un uomo “oltre”- conclude la scrittrice Chiara Zangarini -. Un uomo più avanti del tempo».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 18 Novembre 2015
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