“Il carcere? Inutile e dannoso: crea i criminali”

Un filosofo, Carlo Sini, e un giudice, Gherardo Colombo hanno discusso del carcere e di come dovrebbe essere cambiato: "Oggi non funziona, peggiora solo le persone"

filosofarti

Alla fine, sia che lo si prenda dal lato filosofico sia da quello giuridico la conclusione è sempre una: il carcere è inutile, dannoso e criminogeno. Di questo sono sicuri sia il filosofo Carlo Sini che il giudice Gherardo Colombo che ne hanno discusso durate la rassegna di Filosofarti.

«Il carcere così com’è oggi non garantisce la nostra sicurezza ma anzi, la mette a maggior rischio -spiega Gherardo Colombo- perché la detenzione peggiora indubbiamente le persone». Una circostanza che viene certificata da un dato: il 68% di chi esce dal carcere ci rientra. Un tasso di recidiva altissimo determinato dal fatto che «se mettiamo una persona in gabbia il risultato che abbiamo non è certo quello di creare una persona che avrà buoni rapporti con gli altri». Inevitabile dunque dover ripartire dallo «smettere di pensare al carcere come luogo di punizione e iniziare a concepirlo come luogo di rieducazione».

Una riabilitazione che «è nell’interesse comune dell’intera società» continua Carlo Sini e che deve fondarsi su una certezza: «garantire a chiunque un minimo di dignità economica; il minimo, non di più. Ma bisogna fare in modo che tutti abbiano un lavoro, una casa, che siano anche poveri ma non miserabili». Questo perché «il desiderio di essere stimati è fondamentale in ognuno di noi» e se non si parte da una base sociale apprezzabile «il senso di dignità e onore si rivolgerà ad esempi non positivi: lo stesso palo di una rapina non scappa per quello stesso senso di lealtà».

Certo che raggiungere questo obiettivo non è affatto facile. «Dovremmo partire dall’evitare di tenere in carcere gente che potrebbe stare altrove»precisa Gherardo Colombo che snocciola dati: «sui 55.000 detenuti che abbiamo oggi in carcere solo 15.000 sono pericolosi, gli altri potrebbero stare benissimo altrove». Partendo da un vigoroso sfoltimento delle carceri «quei 3 miliardi che spendiamo ogni anno quasi interamente per mandare avanti le strutture» potrebbero essere investiti «nella rieducazione delle persone» creando strutture che «sarebbero così diverse da quelle che abbiamo oggi che dovrebbero anche essere chiamate in un altro modo». Una trasformazione che dovrebbe accompagnarsi anche ad una trasformazione normativa: «prendiamo la corruzione -continua Colombo- sparirebbe quasi istantaneamente se le norme prevedessero la perdita del vantaggio raggiunto e in più una penale per il disturbo».

Norme, innovazioni e cambiamenti che però devono partire anche da chi criminale non è: «il carcere oggi -conclude il giudice- ci rassicura sulla nostra bontà: noi dobbiamo sentirci giusti ed innocenti e quindi guardando alle mura del carcere troviamo questa certezza». Una certezza che deve cambiare, il prima possibile.

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Febbraio 2016
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