I detenuti dipingono la scuola: “Chiamateci dove c’è bisogno”

Cinque detenuti del carcere di Busto Arsizio hanno lavorato per rimettere a nuovo le scuole elementari. "E' stato un progetto pilota che adesso speriamo continui"

I detenuti ridipingono la scuola

La vernice non si è ancora asciugata dai vestiti quando strette di mano, saluti e sorrisi hanno cancellato la stanchezza di quattro lunghi giorni di lavoro. Ma dietro quel brindisi c’è molto di più perché rappresenta il primo frutto di un progetto pilota per portare i detenuti del carcere di Busto a realizzare interventi di pubblica utilità.

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Giampaolo, Filippo, Mario, Issam e Al Hossen sono i cinque improvvisati imbianchini che in quattro giorni hanno rimesso a nuovo un corridoio del seminterrato e una tromba delle scale delle scuole elementari di Gorla Maggiore. «E’ stata un’esperienza estremamente positiva -commenta il sindaco Pietro Zappamiglio- e che siamo prontissimi a ripetere». Il suo comune è stato infatti l’unico a rispondere all’appello dell’area trattamentale del carcere bustocco che è pronta a mettere a disposizione squadre dei suoi detenuti per progetti simili a questo «e lo abbiamo fatto cercando di far sentire questi ragazzi in famiglia», spiega l’assessore ai servizi sociali, Mariolina Vigorelli. Durante i giorni di lavoro «abbiamo organizzato pranzi comuni in modo da poter socializzare -continua- e si è creato proprio un bell’ambiente, un’amicizia che speriamo continui».

E ora che a Gorla Maggiore è stato dimostrato che questo progetto funziona, la speranza è quella che l’iniziativa si espanda anche ad altre realtà. Sono gli stessi detenuti a chiederlo perché «ci vogliamo riscattare, e queste attività sono molto importanti sia per noi che per i nostri compagni».

A ricordare questo loro lavoro rimarrà, sulla facciata della scuola, un disegno di una rosa con attorno le iniziali del loro nome al suo interno il simbolo del Taijitu, la rappresentazione dell’unione di due principi in opposizione. «Abbiamo voluto rappresentare l’idea che il bene e il male sono complementari -raccontano- ma che eliminando i pregiudizi anche noi che abbiamo sbagliato possiamo dimostrare di essere capaci di fare altro». Una mano tesa, quella dei detenuti, verso la società che adesso deve fare la sua parte.

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 02 Aprile 2016
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