Niente gita per il bimbo senegalese, scoppia il caso alle Tommaseo
Protestano i genitori: "Perchè solo a lui?". Per gli insegnanti, il direttore e gli altri genitori «è indisciplinato e aggressivo» ma i compagni di classe lo difendono «senza di te non è la stessa cosa».
«Le devo comunicare che suo figlio domani non prenderà parte alla gita scolastica al museo egizio». La telefonata è arrivata a pochi minuti dalla fine delle lezioni dall’Istituto comprensivo Tommaseo da parte del dirigente Renato Solemi. Le Tommaseo sono le scuole pubbliche dei quartieri bene di Busto Arsizio, i bambini stranieri sono pochi a differenza di altri istituti più periferici dove il fenomeno è più presente e, forse per questo, fa meno clamore.
Il piccolo ha dieci anni, frequenta la quarta classe della scuola primaria di primo grado, è arrivato tre anni fa dal Senegal ma parla bene l’italiano. «E’ un bambino esuberante ma non violento» dicono il papà (da molti anni in Italia) e la mamma; «è un bambino ultravivace, che non rispetta i professori, aggredisce i compagni e ha qualche problema comportamentale» – dicono il dirigente, le insegnanti (in particolare quella di italiano) e il rappresentante dei genitori che ha addirittura scritto una lettera di protesta alla scuola.
A febbraio di quest’anno, infatti, ha chiesto al dirigente scolastico interventi risolutivi nei confronti di quel bambino venuto da una cultura diversa che “per evidenti traumi subiti e profonde differenze culturali è risultato ingestibile […] minando il buon equilibrio del gruppo dei bimbi, creando palese disturbo al buon apprendimento e generando criticità coi compagni e con le maestre stesse”.
Nella lettera si addita il piccolo come “un leader ribelle e impunito che ha coinvolto permanentemente altri coetanei“. «Descrivono nostro figlio una sorta di capopopolo al quale si addossano tutte le responsabilità, anche quelle non riconducibili a lui» – sottolineano i genitori.
Fatto sta che questa mattina i suoi compagni sono partiti col pullman per raggiungere Torino e lui è rimasto a casa con la lettera che i suoi amici gli avevano scritto definendolo “una parte importante di un puzzle parlante e che senza di lui la gita non sarà la stessa cosa”.
Eppure solo due giorni fa, con una comunicazione ai genitori datata 8 aprile, le docenti avevano messo nero su bianco che l’andamento della classe era positivo e che, dopo un iniziale periodo difficile, si era trovato un buon equilibrio comportamentale da parte di tutti i bambini, nessuno escluso. La scuola ha preso provvedimenti aggiungendo un insegnante alla classe che interviene per alcune ore alla settimana a supporto delle altre.
Per il dirigente Renato Solemi la scelta di non mandare il ragazzino alla gita è un «provvedimento disciplinare in relazione al suo comportamento. Un ragazzo non solo vivace, ultravivace, che aggredisce i compagni e dice parolacce nei confronti degli insegnanti». Una decisione che va in controtendenza con i principi dello stesso dirigente che in più occasioni ha detto di «non voler utilizzare metodi punitivi o repressivi».
Per lui solo è stato pensato anche un quadernino delle comunicazioni tra gli insegnanti e la famiglia per comunicare il comportamento giornaliero in classe. Solemi conferma: «Non è un provvedimento preso a cuor leggero. Ci siamo posti anche il problema che in una situazione come quella di una gita poteva mettersi in pericolo. Abbiamo suggerito ai genitori che avrebbe bisogno di un supporto psicologico».
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