Gestione delle emergenze, la preparazione paga

L'opinione di Stefano Cianciotta, docente di Comunicazione di Crisi Università di Teramo,

Terremoto in Umbria e Marche, le foto

La preparazione paga. Soprattutto nella gestione delle emergenze. Colpita al cuore da un terribile sisma nel 1997, l’Umbria è stata la prima regione italiana a dotarsi già molti anni fa non solo di Piani operativi di protezione Civile, ma di una strategia organizzata ed omogenea, che faceva capo alla Regione.
Il Centro operativo di Foligno, una struttura che ha messo insieme tutto il sistema regionale di Protezione civile, dopo poco minuti dalla terribile scossa di ieri notte era già all’opera, coordinato dalla Presidente Marini.
E sia dai collegamenti televisivi, che dalle azioni operative sul territorio, si è constatato quanto l’Umbria sia diventata una eccellenza nazionale, grazie proprio ad una grave situazione di crisi, come è stato il terribile terremoto del 1997.
Ad un progetto di formazione e comunicazione dell’emergenza sta lavorando la Regione Abruzzo, con il supporto scientifico dell’Università di Teramo.
Parto da queste brevi considerazioni perché il tema strategico della organizzazione e della comunicazione di una emergenza nella Pubblica Amministrazione, al quale ho dedicato un libro nel 2015, diventa il crinale sul quale si gioca la buona politica.
L’intangibilità di questo genere di investimenti, che sono prima di tutto culturali, diventa fondamentale per costruire una popolazione adeguatamente informata e in grado di convivere in modo intelligente con le situazioni di rischio, che in Italia non mancano.
Occorre, pertanto, insistere sui temi della formazione e della qualificazione del personale della Protezione civile – in Abruzzo dopo il terremoto del 2009 i volontari da 1000 sono diventati 7000 – perché uno straordinario patrimonio in termini di volontariato possa diventare una grande competenza al servizio del Paese.
Organizzare e pianificare l’emergenza, insieme con la leadership, diventano elementi essenziali per ragionare in termini di resilienza e fare compiere anche all’Italia un salto culturale fondamentale, per evitare che l’uomo amplifichi le tragedie della natura.
Non allarmismo ma allerta e attenzione: quella stessa attenzione che adesso si chiede agli amministratori locali che saranno impegnati nella ricostruzione.
Una ultima considerazione la voglio riservare ai social network.
Questo terremoto li ha sdoganati di fatto come strumento fondamentale di informazione e di divulgazione delle notizie (e di richiesta di aiuto). A L’Aquila era stato Facebook a guidare l’onda disarticolata delle informazioni; in Emilia ci fu il supporto anche di twitter (anche in quel caso poco organizzato) ma ieri notte per la prima volta gli strumenti di comunicazione hanno funzionato in modo integrato.
E dai tweet e dai post delle amministrazioni e delle Prefetture si è potuto constatare che la cultura della organizzazione della comunicazione di emergenza sta crescendo anche in Italia.
C’è molto da fare ma evidentemente le tragedie – soprattutto quella de L’Aquila con gli strascichi processuali e di polemica – anche nel nostro Paese non sono più interpretate con i canoni del fatalismo ma sono oggetto di analisi e di studio. E diventano strumenti operativi.

Stefano Cianciotta
Docente di Comunicazione di Crisi Università di Teramo

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Pubblicato il 24 Agosto 2016
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