Via Piave, chiudono gli italiani e aprono gli stranieri

La strada divisa in due: un lato negozi varesini, un lato etnici. Ma ci sono le eccezioni e chi ha fatto la sua fortuna qui

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Perché in via Piave aprono così tanti negozi di stranieri? “Me lo chiedo anche io – risponde Piero –  ma non ho risposta. Chiude un italiano, apre un etnico. Orami è così, da qualche anno”.

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I negozianti di via Piave 4 di 34

Il ferramenta Piero Belotti è uno storico commerciante di via Piave. Ha aperto nel 1969: “Iniziò mio padre, questa via era molto ambita e di grande passaggio. Oggi si lavora bene, ma perché sono l’unico ferramenta rimasto in centro. E perché offro servizi. Purtroppo mi occupo anche di sfratti, e vedo la realtà”.

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(Il ferramenta serve un cliente straniero in via Piave)

Via Piave, una delle strade d’ingresso a Varese, è diventata in pochi anni il simbolo del commercio straniero. E’ Mohamad o Shazam, il cliente tipo di questa strada, e non più Mario o Renata. Perché? La riposta ha varie sfaccettature, ma c’entra qualcosa con le tasse.

I SACRIFICI

Il macellaio Khaled Serag, 33 anni, egiziano di Mansura, la spiega così: “Tengo aperto 7 giorni su 7. Non vado in ferie da 3 anni. Faccio una vita di sacrificio. Il commercio rende di meno che un tempo – osserva – le tasse sono molto alte e l’Italia rischia di distruggere il suo patrimonio commerciale e industriale se non le abbassa”.

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(Il commerciante Khaled Serag)

“Io sono obbligato a lavorare e non ho alternative, anche se ho dei ricavi bassi – sostiene Khaled – però non ho fatto debiti e non ho famiglia. Ho preso questo negozio un affitto, ci pago a malapena le spese e mi rimane quello che mi serve per vivere e vestirmi. In Egitto ho fatto il grossista e l’operaio. In fabbrica si vive meglio, ma le fabbriche hanno chiuso. Credo che i commercianti italiani non accettino più di lavorare per così pochi soldi, e con le tasse così alte”.

Khaled vende carne e vari tipi di alimentari. Poco dopo il nostro colloquio entrano tre vigili urbani per un controllo, ispezionano le merci incuriositi e i cartellini coi prezzi.

GLI AFFITTI
Qualcuno sostiene che gli affitti di via Piave siano bassi. “Forse adesso qualche proprietario sta abbassando i prezzi – osserva il commerciante dello Sry Lanka Sinnadurai Sivaharan, 45 anni, due figlie piccole che frequentano gli asili Macchi Zonda e la scuola elementare Cairoli – ma io credo che siano normali”.

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(Il commerciante dello Sry Lanka nel suo negozio)

 

L’uomo racconta la sua storia: “Sono il primo commerciante straniero arrivato in via Piave – racconta – prima in uno stabile più piccolo e ora al posto del ciclista Gamba, che ha costruito una nuova sede alla Schiranna. Pago 1300 euro al mese di affitto, parcheggio compreso. E’ un prezzo giusto. Non credo che gli affitti siano crollati, piuttosto penso che la presenza di clienti di varie nazionalità abbia invogliato anche altri commercianti. Vogliono sfruttare l’abitudine della gente di alcuni popoli a venire qui. I miei clienti? Sono tutti stranieri. Qualche africano, arabi, ma soprattutto asiatici e del mio popolo. Il prodotto che vendo di più? La frutta e la verdura dello Sry Lanka: la Guiaba, un frutto che chiamiamo mangusta e il mango del mio paese. In questi anni hanno aperto molti stranieri – continua – anche i money transfer e i call center. Però secondo me c’è anche il problema della crisi. Molti italiani non accettano di lavorare nel commercio per redditi troppo bassi. Io invece continuerò, sono costretto. Non posso chiudere. Ho i figli, la scuola da pagare. Per noi l’alternativa è tornare al nostro paese. Sapete che 112 famiglie dello Sry Lanka negli ultimi anni hanno abbandonato Varese per la crisi? Io preferisco resistere”.

NUMERI PARI E DISPARI
I commercianti italiani sintetizzano così la situazione: in via Piave i numeri pari sono italiani, i numeri dispari sono stranieri. Non è così in tutta la strada, ma rende l’idea.

Sul lato straniero Shazad Khuram, 29 anni, è un pakistano che lavora al Market Asia: “Affitto qui non è alto – sottolinea – la zona è buona, c’è passaggio di persone ed è tutta brava gente. In questo negozio vengono clienti di 4 nazionalità, asiatici e africani. Siamo qui da due anni e ci troviamo bene”.

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(Il commerciante pakistano)

Nel lato italiano, quello dei numeri pari, sono molte le vetrine che indicano la vendita o la chiusura. Un negozio che si è trovato nel lato dispari, quello degli stranieri, ha chiuso e ha affisso un cartello: “Mi sono trasferito dalla parte opposta della strada”. I parrucchieri sono proprio di fronte: messa in piega sul lato italiano, treccine afro e capelli vaporosi mediorientali sul lato straniero.

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C’è poi Anna Longo (nella foto), la titolare di un piccolo bar sul lato pari di via Piave che è l’unica italiana davvero soddisfatta. “Sono qui da un anno – racconta – ho riaperto questo bar che era chiuso da tempo. Ho una clientela fissa di lavoratori delle banche e degli uffici. Non ho problemi e posso dire che ancora si riesce a lavorare qui”.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 25 Agosto 2016
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