Il restauro di Sant’Imerio riporta alla luce il volto di Dio
Sta riprendendo il suo splendore la chiesetta romanica di Sant'Imerio a Bosto: grazie a un paziente restauro costato 40mila euro
Sta riprendendo il suo splendore la chiesetta romanica di Sant’Imerio a Bosto, castellanza del comune di Varese che custodisce, a pochi passi dal centro città, questa piccola perla. L’abside, da moltissimi anni malamente ridipinta con calce bianca, ha riportato alla luce, dopo un restauro meticoloso, gli affreschi della volta dell’abside.
Un piccolo gioiello dell’arte varesina riconsegnato ufficialmente qualche giorno fa alla collettività, e che è stato scoperto piano piano: i primi lavori di restauro, nei primi anni ,80 avevano per esempio consentito la datazione – intorno all’anno mille – della chiesa, che inizialmente era molto più piccola e più bassa, e solo nel 1500 è stata ampliata in tutte le direzioni.
Negli atti della seconda visita del Cardinale Borromeo, in data 2 settembre 1574, l’abside è descritta tutta dipinta, ma con le pitture dei santi assai corrose e consunte. Quello che si presentava agli occhi fino a qualche mese fa era un strato di calce indurito e dei frammenti di affresco lasciati a vista ridipinti.
UN VOLTO DI CRISTO IN MANDORLA
I lavori di restauro però hanno portato alla riscoperta di un gioiello artistico dimenticato: durante i lavori, infatti, nella zona dell’abside è emerso per esempio un volto di Cristo in mandorla, affresco di cui si ignorava l’esistenza e che risale al XIV secolo.
Ma risale al XIV secolo tutto il ciclo di opere riemerse sotto gli spessi strati di calce grazie a una rimozione paziente con impacchi a base di soluzioni acquose e un lungo lavoro di bisturi, su cui ha lavorato Marialuisa Lucini coordinata dalla Soprintendenza alla Belle Arti e dal Comitato per il restauro di Sant’Imerio.
Sono tornate così al loro antico splendore le finte nicchie che contenevano figure di santi, per ora non identificabili – ma sui quali sono al lavoro il professor Renzo Talamona e la professoressa Anna Maria Ferrari, cercando di decifrare le iscrizioni latine molto purtroppo molto corrotte – gli affreschi che rappresentano i quattro dottori della Chiesa (sant’Ambrogio, sant’Agostino, san Gerolamo e san Gregorio Magno) e le decorazioni ispirate a piante e foglie.
I restauri, conclusi nell’estate, sono costati 40 mila euro: una spesa onorata grazie principalmente alla Fondazione comunitaria del Varesotto, BCC di Busto Garolfo e Buguggiate e Ubi banca, oltre natuarlmente ai proventi dell’Olio di Sant’Imerio.
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