Taverna: “Il mercato degli immobili si muove, ma la crisi resta”

A pochi giorni dall'inizio della Casa in piazza, la borsa immobiliare organizzata dalla Camera di Commercio, il presidente nazionale della Fimaa fa il punto della situazione

fimaa santino taverna

Santino Taverna, presidente nazionale della Fimaa (Federazione italiana mediatori agenti d’affari), quando parla della crisi del mercato immobiliare cerca di argomentare avendo una visione complessiva del problema. Esercizio non proprio semplice perché le variabili che influenzano questo mercato sono tante. Un dato certo è l‘andamento del prezzo degli immobili che  dal 2008 al primo semestre del 2016 è  migliorato notevolmente nelle grandi città, pur mantenendo sempre il segno meno (-0,9%), con un andamento un po’ più marcato nelle periferie metropolitane (-1,3%) e nelle province (-1,5% )

Taverna, che cosa ci dicono questi dati?
«Ci dicono che qualcosa si muove, soprattutto nelle metropoli. Ma il mercato immobiliare non è rappresentato solo da Milano, Roma, Firenze, Venezia e Torino, perché c’è anche una provincia che fatica di più a ritornare a un regime normale. C’è qualche segno di miglioramento, è vero, bisogna però ricordare che per consolidare una ripresa serve un atteggiamento politico diverso: se i giovani non trovano lavoro, rimettere in moto un’economia come dieci anni fa, diventa difficile».

Qual è l’errore che lei rileva più frequentemente nelle analisi del settore immobiliare?
«Il primo errore è considerarci fuori da una crisi che ha tracciato una linea netta di demarcazione del mercato. Se dopo mezzo secolo di rivalutazione continua c’è una contrazione  dei prezzi delle case, che va avanti da 8 anni, è chiaro che occorre da parte di tutti, consumatori compresi, un’analisi seria del patrimonio immobiliare esistente. Sappiamo che è vecchio e va riqualificato quindi dobbiamo investire nel risparmio energetico, nella sostenibilità ambientale, puntando alla riduzione del consumo del territorio. Essere consapevoli significa considerare con onestà queste due facce della stessa medaglia: c’è una crisi e al tempo stesso la crisi viene alimentata dai mancati investimenti».

Oggi ci  sono condizioni ideali per l’acquisto di una casa: prezzi convenienti e interessi sui mutui molto bassi. Eppure…
«È vero, il contesto è favorevole, ma proprio per questo io non faccio del facile ottimismo. Se il mercato dal 2008 a oggi non si è ancora ripreso, vuol dire che noi dobbiamo avere il coraggio di guardar molto più in là. Fermarsi alla considerazione che il prezzo non è mai stato così basso, vuol dire ignorare un pezzo importante del discorso».

Quale?
«Quando si acquista una casa si fa l’investimento della vita che, in quanto tale, merita molta più attenzione se si vuole un ritorno economico nel futuro. Occorrono quindi conoscenza e consapevolezza per valutare in modo coerente i costi energetici, tenendo in considerazione il processo evolutivo dell’immobile. La popolazione negli ultimi 5 anni è arrivata stremata all’appuntamento favorevole con il mercato anche a causa di un’imposizione fiscale insostenibile,  dinamica che spiega il mancato effetto degli incentivi per la riqualificazione del patrimonio immobiliare. D’altronde la crisi ha colpito le famiglie, costringendo la generazione dei trentenni a rinunciare alla propria indipendenza, cioè a una casa, per rimanere con i genitori. La cosa che mi colpisce è la stanchezza delle persone costrette a fare i conti anche con i dieci euro in vista della rata del mutuo a fine mese. Per questi motivi non bisogna arrendersi e accontentarsi di quel piccolo miglioramento».

Il suo discorso è lineare: in Italia c’è un patrimonio immobiliare vecchio che va rinnovato. Quindi bisogna mettersi nell’ottica di investire secondo le nuove esigenze del mercato. E il resto del sistema?
«Noi viviamo in un Paese dove lo stock immobiliare per oltre il 50% è nato su concessione rilasciata dal comune, stock che non si concilia con l’edificato che a sua volta non si concilia con l’accatastato. Il rischio del consumatore senza consapevolezza è quello di essere travolto da questa mancata armonizzazione del sistema. Le amministrazioni 15  anni fa era meno sensibili a certi temi che invece oggi pesano sulla decisione di comprare una casa alla pari del prezzo. E se non si cresce su questi temi, entrando nel merito delle questioni e coinvolgendo tutti operatori della filiera, l’uscita dalla crisi sarà molto più difficile».

Lei quindi sta dicendo che non è più solo un problema dell’agente immobiliare.
«Chi fa il nostro mestiere fa parte di un settore dove le soluzioni da proporre alla collettività non sono mai il risultato di un solo fattore. Qui non si tratta di tutelare il mediatore, l’agente immobiliare, il progettista, il geometra o l’architetto, ma la bontà di un processo complessivo che tenga conto dell’intera catena del valore. Se fosse una questione relativa al protezionismo di una categoria, sarebbe fin troppo semplice. La crisi del mercato immobiliare, per quanto migliorata nell’ultimo anno, ci insegna che non esistono risposte semplici a problemi complessi. Ecco perché se fosse solo un problema di prezzi bassi e tassi dei mutui quasi inesistenti, dovremmo esserne già fuori. Invece c’è qualcosa di più profondo, che riguarda la fiducia o meglio l’etica di un sistema nella sua totalità».

Dal 22 al 23 ottobre la Camera di Commercio organizza la sesta edizione della Casa in Piazza, la borsa del mercato immobiliare. Quanto ha contribuito alla crescita etica ed economica del comparto in provincia di Varese?
«Tantissimo. Questo è il motivo per cui la Casa in Piazza è un’esperienza unica in Italia, tra l’altro copiata da altre città. La borsa immobiliare ha dato una grossa mano in questi anni soprattutto ai cittadini che, sotto il cappello autorevole della Camera di Commercio di Varese, hanno potuto prendere contatti con tutti gli operatori del sistema: dalle agenzie alle banche, fino ai notai. Bisogna anche ammettere che quella di Varese è la prima provincia in Italia dove le tre federazioni (Fimaa, Fiaip e Anama, ndr) hanno coinvolto gli altri soggetti della filiera nel rispetto dei ruoli di ciascuno. La volontà è stata più forte delle differenze anche grazie allo straordinario lavoro dell’ente camerale che ha dato un supporto logistico notevole per la riuscita dell’evento».

Qual è il consiglio che lei dà agli operatori associati alla Fimaa?
«È un consiglio che do a chiunque faccia questo lavoro e lo ripeto sempre ad ogni assemblea e riunione: a chi vuole comprare una casa, dobbiamo essere disposti a dare le stesse attenzioni che daremmo a noi stessi. Le disposizioni del codice civile che risale al 1942 e la legge 39 dell’89 non dicono nulla sulle mansioni e i compiti del mediatore. Per fare bene questo lavoro occorrono conoscenza e competenza, che si acquisiscono con la formazione continua. Il mediatore non deve rinunciare mai all’etica del proprio ruolo, perché chi si mette nelle tue mani per l’acquisto della vita, merita profondo rispetto».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Ottobre 2016
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