Chiudete quel profilo!

Da giorni commenti violenti appaiono senza filtro sulla bacheca Facebook dell'infermiera di Saronno. Chi deve intervenire per fermare il linciaggio mediatico?

Avarie

“Adesso la voglia di uccidere qualcuno la deve avere qualcuno in carcere contro di te..mi auguro che tu possa vivere l’inferno la dentro..che ti possano massacrare ogni giorno di botte fino a farti rimanere in fin di vita per poi curarti e ricominciare da capo…I tuoi ultimi giorni devono essere infernali! brutta bagassa schifosa!”

Questo è solo uno degli oltre mille commenti pubblicati sul profilo personale dell’infermiera arrestata a Saronno.

Da quattro giorni quell’account Facebook è diventato lo spazio dove dar sfogo a insulti violenti e feroci. 

Sono molto rari commenti come quello di Kelly che scrive: “Bisogna evitare gli insulti: i figli di questa donna potrebbero leggere. È normale che ci si arrabbi, per carità, ma pensate anche a questi bimbi. Non bisogna aggiungere sofferenza a sofferenza”.

Sulla questione ha lanciato un appello anche il Procuratore Capo di Busto Arsizio Gianluigi Fontana chiedendo ai cittadini di non pubblicare insulti.

Una richiesta che fatica ad aver seguito visto che nel frattempo sono stati aperti gruppi e pagine Facebook dove si pubblicano anche le foto dei bambini. Ci sono persone che stanno letteralmente saccheggiando la bacheca dell’infermiera ed utilizzano i vari materiali per produrne di altri.

In storie di cronaca come quella di Saronno Facebook rischia di diventare una vera valanga inarrestabile che travolge tutto e tutti. Dobbiamo ricordarci che la persona coinvolta ha due bambini di 8 e 11 anni che non hanno alcuna responsabilità su quanto accaduto e che vanno tutelati.

Per farlo non basta più sottrarli all’opinione pubblica inserendoli in qualche comunità protetta. È importante evitare un contatto con strumenti come i social network, ma intanto va pensata un’azione alla fonte, dove si continuano a produrre valanghe di messaggi violenti. 

Al di là di ogni giudizio sulla vicenda giudiziaria, cosa si può fare con Facebook?

La domanda non ha risposte semplici. La persona sottoposta a provvedimenti cautelari, tanto più in carcere, non può accedere ad alcun tipo di informazione in modo diretto. Nello specifico l’infermiera non può entrare nel proprio profilo e disattivarlo.

Su questa delicata materia abbiamo sentito Guido Scorza, noto avvocato e uno dei massimi esperti in Italia sulla materia del diritto informatico tanto da diventare parte del team del Governo per la trasformazione digitale.

“Facebook non può intervenire in casi come questi perché la persona è in grado di intendere e volere. Sarebbe molto pericoloso pensare che possano decidere cosa oscurare e cosa no. Tanto più in situazioni così particolari. Rispetto alla donna in carcere, credo che in questi giorni ci siano state altre priorità e ancora non sia stata affrontata con la giusta attenzione la questione dei commenti sui Facebook. Ci sono diverse vie per risolvere la cosa. La più semplice è quella di intervento del legale che svolga direttamente lei l’azione necessaria per disattivare l’account, almeno nella parte dei commenti. La magistratura può attivarsi e richiedere anche un intervento del garante della privacy a tutela dei due minori”.

In effetti, Facebook stesso dà indicazioni precise su questo punto: “le persone in riabilitazione o in carcere non vengono ritenute soggetti incapaci. Se fai parte delle forze dell’ordine e desideri segnalare su Facebook qualcuno che si trova in carcere, inviaci una richiesta”.

L’augurio è che nei prossimi giorni la legale e il magistrato trovino una soluzione perché è passato già tanto tempo. Confidare sulla buona volontà dei cittadini non basta e lo vediamo ora dopo ora.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

La libertà è una condizione essenziale della nostra vita. Non ci può essere libertà senza consapevolezza e per questo l’informazione è fondamentale per ogni comunità.

Pubblicato il 03 Dicembre 2016
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Felice

    Chi di social abusa di social perisce.

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