Io, papà, e i miei due figli in azienda: «Quante pedate, ma di loro sono fiero»

Livio Cozzi, 63 anni, alla guida della Lattoneria Cozzi di Vergiate, ci racconta un passaggio generazionale non semplice e non scontato: «Ai miei ragazzi ho dato calci nel sedere, qualche lavata di capo e tanti suggerimenti. Il più importante? Non siate mai sbruffoni». E oggi, con loro, l’impresa sta crescendo

Livio Cozzi ha 63 anni, un passato come operaio alla Franco Tosi di Legnano, imprenditore dal 1977. Lattoniere, per la precisione. Con due figli giovani che in azienda – alla Lattoneria Cozzi Snc di Vergiate – ci sono entrati un po’ per passione e un po’ per forza: «Hanno mollato gli studi, così si sono fatti avanti – dice Livio – e si sono ritrovati qui con me. Come padre mi sono sentito orgoglioso, ma la paura a volte ha preso il sopravvento».

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Con alle spalle una carriera da ciclista dilettante (a due passi, però, dal diventare professionista), Livio avrebbe preferito che i figli corressero su strada o su pista. Invece Alessandro ha 39 anni, studi alla Scuola Alberghiera di Varese mentre Roberto, trentacinquenne, ha frequentato l’Istituto per Operatore Alberghiero. Entrambi non hanno dimenticato la loro creatività: «Per fare questo lavoro – prosegue il papà – bisogna essere ingegnosi, perché il lavoro te lo devi immaginare nella testa prima ancora di farlo». Semplice? «Non proprio – incalza Alessandro – All’inizio papà ci diceva cose che non riuscivamo a capire. Però il primo consiglio non si dimentica mai: “Attento a dove metti i piedi”».

Quando si sale sui tetti si impara dai gatti ma, soprattutto, da Livio che gatto lo è diventato con gli anni imparando anche lui la differenza che passa dal canale rotondo a quello quadrato, dagli angoli in pendenza con quelli che non lo sono, dalle coperture a pannelli da quelli a tegole, da un tetto in eternit ad uno con le coppe. E quando Livio parla del “pericolo di scivolare” non si riferisce solo ai tetti ma anche alla vita: «Ai miei figli ho dato qualche calcio nel sedere, più di una lavata di testa ma anche tanti suggerimenti: mai essere sbruffoni, lavorare con umiltà, non promettere cose che non puoi fare, farsi pagare per quello che vali ma lasciare che siano gli altri a dirti che sei valido. Perché è sempre e solo il cliente a gratificarti».

Quello del lattoniere è un lavoro che si apprende lentamente, ma i timori di Livio non sono passati: «Ora so che Alessandro e Roberto possono camminare da soli, ma mi auguro che tengano sempre i piedi per terra. So che per loro è stata una lunga gavetta, ma ho voluto che capissero quanto il lavoro fatto bene passi anche dal comportamento con i clienti: se vuoi avere una buona immagine, e te la vuoi conservare, devi pretendere sempre il meglio da te stesso. E poi ricordarsi sempre che a dare l’esempio ai propri collaboratori è il titolare: questo è un insegnamento che mi ripeto ancora oggi». Quello che fa la vera differenza? «Non sentirsi solo una squadra, ma dimostrare di esserlo ogni giorno dentro e fuori l’azienda».

È difficile insegnare ai figli o, come dice Alessandro, «sopportare papà»? Livio non ha dubbi: «Ci si fa il fegato grosso, ma è normale». Alessandro incalza e sottolinea: «Lavorare con papà non è né semplice e né difficile: ognuno ha la sua opinione e si deve trovare un giusto compromesso. Poi ti accorgi, però, che papà ha ragione». L’ha avuta anche quando la Lattoneria Cozzi è stata invitata dalla società Soprema ad un corso di formazione di quattro giorni a Strasburgo: «I francesi dovevano insegnare a noi e invece è accaduto il contrario: Italia-Francia 1 a 0. Una sfida divertente con i francesi che tiravano la guaina per l’impermeabilizzazione ed io, invece, che la spingevo con i piedi. Al di là di arrivare primo, la cosa importante è che la guaina era così ben appiccicata al tetto che nessuno è riuscita a staccarla».

La squadra Cozzi, oggi, ha tre operai (due a tempo determinato e uno a tempo determinato), si permette investimenti importanti (quest’anno è stata la volta di un furgoncino da 80mila euro), è stata una fra le prime aziende del settore a dotarsi di piattaforme aeree per la sicurezza. Ma tutto questo conta poco «se non acquisti sempre e solo il materiale al top – prosegue Livio. Come imprenditori abbiamo una grande responsabilità nei confronti del cliente, quindi voglio materie prime che non abbiano difetti e che siano in garanzia. Primo perché il lavoro viene meglio e secondo perché fai meno fatica». Parlare di sacrifici sembra un’ovvietà, soprattutto quando si incontrano i piccoli imprenditori, eppure Livio, con Alessandro e Roberto, non dimentica di dire quanto «i sacrifici siano importanti, al pari della passione che ci devi mettere nel lavoro. Quello che fai ti deve piacere; era così anche quando ero alla Tosi di Legnano».

Ma non si poteva non chiudere questa chiacchierata con un ultimo consiglio. E Livio è subito pronto: «Nasce tutto da due parole: fiducia e soddisfazione. Fiducia in quello che fai, in quello che fanno gli altri ma soprattutto quella fiducia del cliente che ti devi conquistare ogni giorno. Poi le soddisfazioni che nascono dalla tua professionalità: punta su quello e tutto andrà bene. Lavoro permettendo».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Dicembre 2016
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