Scavi nel Varesotto: premiato un tecnico dell’Insubria

Marta Licata è stata insignita del Premio Massimo PIccinini. Il riconoscimento è legato alla pubblicazione del volume "Questioni emergenti in osteoarcheologia"

Scavi archeologici cittiglio

Marta Licata, 32 anni, di Trino Vercellese, tecnico del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università degli Studi dell’Insubria, si è aggiudicata il Premio conferito annualmente dall’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria, grazie al volume “Questioni emergenti in osteoarcheologia. Studio su un campione osteologico della Lombardia nord-occidentale” (Mimesis 2016).

Il libro racconta degli scavi condotti nel varesotto dal 1997 al 2016 proponendo un approfondimento sulle questioni emergenti – in particolare le indagini sui resti umani recuperati – e affrontando le problematiche di archeologia funeraria e di antropologia fisica presenti nella pratica archeologica: gli archeologi, infatti, devono sempre più confrontarsi con gli specialisti di altre discipline sulle nuove frontiere delle scienze e delle tecnologie che vengono in aiuto agli studi dell’antichità.

La cerimonia di conferimento del Premio “Massimo Piccinini” si è svolta lo scorso 15 dicembre a Roma, durante la celebrazione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria. Nelle motivazioni del conferimento si chiarisce che «L’osteoarcheologia costituisce una branca della paleopatologia, una disciplina che spesso è di supporto alla storia della medicina».

«Marta Licata – continua il testo – in una ricerca su alcuni scheletri altomedievali, trova gli spunti per affrontare questioni di carattere generale che riguardano gli aspetti individuali e il contesto storico-ambientale di riferimento. Non solo ricostruisce gli elementi anatomici dei resti scheletrici, ma porta alla luce le condizioni antropologiche e sociali connesse ai luoghi e al periodo storico di appartenenza. Nel panorama non vasto degli studi dell’argomento, il libro si distingue per la novità dell’impostazione, la correttezza del metodo e la chiarezza dell’esposizione».

Gli scavi della Lombardia nord occidentale trattati nel volume sono circa una ventina realizzati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia e di questi, due – quelli di Cittiglio e Azzio – sono stati condotti direttamente dall’Università degli Studi dell’Insubria, con il coordinamento del professor Giuseppe Armocida, docente di Storia della Medicina, «negli ultimi anni, infatti, l’Ateneo non ha partecipato soltanto all’esame degli scheletri in laboratorio, ma anche alla fase di progettazione e recupero degli scavi: adesso un nuovo finanziamento ci permetterà di riaprire nel mese di aprile lo scavo fuori la Chiesa di S. Biagio a Cittiglio, che ha già restituito molti resti umani, in particolare infantili, attualmente all’esame radiologico» conclude la dottoressa Licata che è coordinatore del Centro di Ricerca di Osteoarcheologia e Paleopatologia del Dipartimento diretto dal Professor Giovanni Bernardini.

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Dicembre 2016
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