Gli industriali di Varese lanciano la sfida ai tedeschi

Per tenere il passo della Germania nel digitale servono dai 223 ai 336 milioni di euro. Riccardo Comerio: «Secondo noi è una somma possibile e sostenibile. L'industria 4.0 è un cambio culturale in senso lato»

Se si vuole migliorare nella vita, bisogna sempre guardare i primi della classe. E quando si parla di manifatturiero i primi della classe in Europa sono i tedeschi. L’Italia, che è in seconda posizione, subito incalzata dai francesi, al terzo posto, se non vuole perdere posizioni dovrà necessariamente ispirarsi ai più bravi e per farlo ha una sola strada: fare investimenti per traghettare il sistema verso l’industria 4.0.

Gli industriali varesini hanno fatto un calcolo preciso: per tenere il passo dei tedeschi nel digitale servono dai 223 ai 336 milioni di euro. «La nostra visione di prospettiva va oltre l’anno – ha spiegato Riccardo Comerio, presidente dell’Unione industriali della provincia di Varese – perché non intendiamo l’industria 4.0 solo come uno strumento agevolativo. Per noi è un cambio culturale in senso lato, la nostra industria manifatturiera diventa contemporanea e si proietta nei prossimi anni».

Il Governo con il piano industria 4.0 da qui al 2020 ha stanziato 13 miliardi di euro. «Se si prendesse la percentuale del fatturato delle imprese del territorio sul totale nazionale – ha continuato Comerio – la cifra corrispondente è di 336 milioni di euro, che è la parte più alta della forchetta a cui l’economia locale è chiamata ad ambire nella competizione con la Germania. In questi mesi il ministro Calenda ha usato più volte questa frase: “ora la palla passa alle aziende”. Lo strumento c’è, il piano è ben identificato e, secondo noi, è una somma possibile e sostenibile».

DOVE TROVARE I SOLDI PER LA SVOLTA DIGITALE
Il sistema industriale italiano, si sa, è bancocentrico. Negli ultimi anni però le aziende, anche le più piccole, hanno iniziato a percorrere strade diverse, ricorrendo a strumenti alternativi quali minibondprivate equity, quotazione in borsa (segmento star e Aim riservato alle pmi) e crowdfunding. In Italia circa 400 società di 30 diversi comparti (dato del 2016), per un fatturato aggregato di 32 miliardi di euro e 130mila dipendenti, hanno fatto il percorso Élite, un programma per prepararsi allo sbarco a Piazza Affari. E chi non è arrivato alla quotazione, grazie a questo percorso, ha ribaltato i rapporti di forza con il sistema bancario, si è aperto al mondo dei private equity, dei bond e del venture capital.

Lo stesso Comerio, nel marzo del 2016 in un convegno alle Ville Ponti aveva espresso il desiderio di «traghettare il sistema produttivo verso percorsi di innovazione del rapporto che le aziende hanno con le proprie risorse finanziarie». In quel convegno si rispose anche alla domanda più importante: ma le aziende italiane per finanziarsi sono pronte a percorrere strade alternative alla banca? In Lombardia sono almeno 11mila le imprese che hanno le caratteristiche adatte a emettere minibond. E per quanto riguarda Varese, Vittorio Gandini, direttore di Univa, sempre in quell’occasione affermò che: «Solo vincendo la diffidenza, anche da noi questo strumento poteva avere successo». Univa è dunque più che mai decisa a percorrere questa strada e pare che qualcuno tra gli industriali varesini si sia già mosso sul fronte dei minibond per affrontare la sfida digitale.

I FONDAMENTALI DELL’INDUSTRIA VARESINA SONO BUONI
Paola Margnini, dell’Ufficio studi di Univa, ha iniziato con una nota negativa (ma solo se presa in termini assoluti) sulla produzione del IV trimestre del 2016: il saldo delle risposte delle imprese campione è pari a -27. In realtà è un dato in evoluzione positiva rispetto al trimestre precedente che aveva fatto segnare un -36. L’andamento poi diverge da settore a settore: soffre il metalmeccanico, crescono invece la moda e il chimico farmaceutico. Stabile invece la gomma-plastica. Buone notizie invece sulle attese perché la produzione prevista per il I trimestre del 2017 segna un saldo positivo delle risposte (+ 17), cioè il 25% delle imprese intervistate si aspetta un incremento dei livelli produttivi, il 61% prevede cautamente un mantenimento dei livelli produttivi attuali. L’8% ha invece una aspettativa negativa. Anche gli ordini fanno segnare un aumento per il 43% delle imprese intervistate, il 36% ha mantenuto i livelli del trimestre precedente, il 21% ha avuto una flessione.

CROLLO DELLA CASSA INTEGRAZIONE
Nel quarto trimestre del 2016 sono state autorizzate 820.486 ore di cassa integrazione, cioè il 45,9%  in meno rispetto al trimestre precedente e il 65,2 in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In tutto il 2016 sono state 12.203.862 le ore totali di cassa integrazione (Cig, Cigs e in deroga), il 39,7% in meno rispetto al 2015.

 

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 06 Febbraio 2017
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