Un giorno per ricordare non può essere solo di alcuni
Diverse critiche arrivate in redazione per la manifestazione di ieri sera in centro a Varese. Ecco perché le registriamo, ecco perché abbiamo raccontato altro
Premessa.
XII disposizione transitoria e finale
“E` vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilita` per i capi responsabili del regime fascista”.
Alzi la mano chi non ha mai letto questo testo.
Lo conoscono gli antifascisti. E ben lo conoscono i fascisti.
E vale anche quando per strada si parla di “democrazie plutocratiche” o di “camerati”, o di stampa al servizio del potere.
È sempre la solita storia, quella di voler rivedere la storia.
Sempre i soliti tentativi di appropriarsi per ragioni politiche di un fatto, un momento che è di tutti, che unisce, e non deve dividere.
Proprio come il Giorno del Ricordo.
Alcuni lettori si sono lamentati di come Varesenews abbia trattato la manifestazione di ieri sera, quando un centinaio di persone con la bandiera italiana hanno ascoltato un discorso di una precisa parte politica, nella piazza della città.
Scrive Chiara: “Abito a Varese e ieri sera tornando a casa mi sono imbattuta in quello che voi avete definito “il corteo del giorno del ricordo“.
150 persone, vestite di nero, alcune con il volto semicoperto, hanno vergognosamente occupato il centro della città.
Schierati e sull’attenti, hanno ascoltato gli slogan vuoti di chi non fa altro che riempirsi la bocca con la triste vicenda delle foibe, strumentalizzando una dolorosa ferita della storia italiana”.
Un altro lettore si lamenta del fatto che “nonostante i vari tentativi di rimaneggiamento della Costituzione, squadristi, skinhead e chiunque inneggi o manifesti a favore del fascismo o dei suoi metodi commette un reato”.
Proprio qui sta il punto. La nostra cronaca è stata minima, asettica, priva di quell’apologia dell’apologia che non ci appartiene. Il resto lo farà la legge, nelle aule dei tribunali.
Per questo è bello vivere in una democrazia, anche se c’è qualcuno a cui non piace.
Per questo abbiamo preferito dare spazio ad altre testimonianze: alla storia di Bruna Paoli, che quando aveva 4 anni perse il papà in una foiba.
O alle tante persone che nella serata di ieri erano presenti a Mesenzana – ed erano diverse centinaia – sotto ai colori del tricolore indossato dai sindaci, e alle penne degli alpini.
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