L’ultimo dono di Ettore Masina

I funerali si sono svolti nella parrocchia San Frumenzio ai Prati. Tanti parenti, amici e conoscenti si sono stretti alla moglie e ai tre figli

Ettore Masina

“Qualche volta Ettore ha preferito i suoi ideali ai suoi figli, a sua moglie. Io però ho avuto il privilegio di stare vicino a questo uomo così pieno di speranza e di fede. Lui voleva e credeva che il mondo cambiasse, che fosse fatto di persone con pari opportunità”.

È Clotilde, la ragazza che a 19 anni ha iniziato a frequentare il giovane giornalista Ettore Masina per sposarlo poco dopo, a chiudere le testimonianze alla fine del funerale.

La chiesa di San Frumenzio ai Prati si è riempita di familiari, amici e conoscenti, ben prima che iniziasse la celebrazione eucaristica. Nei banchi in prima fila, stretti vicini alla loro mamma, i figli Emilio, Lucia e Pietro. Subito dietro a loro i nipoti di ogni età fino alle più piccole gemelline di tre anni. Loro hanno portato la vitalità che caratterizza l’infanzia, ma che era anche un tratto tipico del loro nonno sempre attivo in tante direzioni. Un uomo che ha amato la vita e le persone che incontrava.

La vita di Ettore Masina si era intrecciata con la Lombardia e Varese. La sorella Marisa (scomparsa nel 2015) sposò Luigi Campiotti: proprio dal Varesotto sono arrivate a Roma tre delle quattro sorelle Campiotti, Marta, Maria e Veronica: mancava solo Chiara, ma erano presenti suo marito e sua figlia, tutti vicini a Giacomo.

Sull’altare otto sacerdoti per una cerimonia semplice, come richiesto dalla famiglia. È il Vangelo di Matteo, al capitolo XXV, dove si parla del giorno del giudizio, il centro delle riflessioni. Masina amava quel passaggio della sacra scrittura.

“Quello è stato sempre il punto di riferimento della sua vita. Un’attenzione agli ultimi, ai più deboli. Un cammino fatto con loro e non per loro. Da qui si capisce la scelta di fondare la Rete Radiè Resch nel 1964, rientrando da un viaggio in Palestina al seguito di Papa Paolo VI. L’incontro con Paul Gauthier, dopo aver visto i bambini che vivevano nelle grotte come si racconta della nascita di Gesù, lo avrebbe profondamente cambiato non solo nel suo lavoro di giornalista, seguendo con sempre maggiore attenzione il Concilio Vaticano Secondo, ma in modo più profondo dando vita a un’esperienza che coinvolse migliaia di persone disponibili a condividere un percorso di solidarietà con le persone più povere”.

I figli hanno portato testimonianze diverse del loro papà, della sua tenerezza, dell’ironia e del profondo affetto. “Della morte, scherzando in un momento di lucidità che nell’ultimo anno purtroppo lo aveva abbandonato, ci ha detto che gli pareva un passo non necessario”.

Intorno a Ettore Masina ci sono state sempre tante persone e anche nel momento più duro, più delicato, è stato assistito con profondo affetto e anche i professionisti si sono legati a lui e alla famiglia.

La ricchezza e la varietà degli interventi ha permesso a tutti i presenti di ricordare quante esperienze diverse abbia vissuto Masina. Dal giornalismo alla politica, dalla solidarietà alla scrittura. È stato un vero testimone di un’epoca. Un Cristiano tutto di un pezzo come ha ben scritto Carlo Galeotti . “La migliore biografia di monsignor Romero è la sua perché “L’arcivescovo deve morire” non fa calcoli, non ci sono sconti o compromessi. Tutti quelli che vogliono conoscere la storia del Salvador devono leggerlo”.

Masina è stato anche un profondo Cristiano attento alla dimensione ecumenica. “Papà nell’ultimo periodo – ha raccontato il primogenito Emilio – soffriva il non poter scrivere. Come ogni scrittore però coltivava il sogno di portare a compimento un racconto per farne un romanzo. Così mi raccontava i pensieri che lo animavano per farne un nuovo libro. L’ultimo riguardava un gruppo di angeli che si erano ritrovati disoccupati a causa della perdita della speranza da parte degli uomini. Mi chiedeva come si potesse proseguire una storia così. Ecco io credo che ora sta a noi continuare a testimoniare le cose per cui si è tanto battuto”.

Nel corso della sua carriera Masina ha incontrato il mondo intero. Qualche volta non trovava la giusta attenzione proprio come scrittore e ben lo testimonia uno scritto che gli aveva dedicato il suo grande amico Davide Maria Turoldo. “Di Ettore Masina si dovrebbe parlare di più per il suo modo di parteciparci la realtà che vive. Anche come poeta: almeno parlare di quel suo particolare stile di comunicare che è fatto di gridi a voce trattenuta, e di silenzi; di aggressioni e di dolcezza; e di tenerezze che si aprono all’improvviso come fiori anche fuori stagione. Perché il giardino è sempre coltivato e custodito, sempre sarchiato con amore. E questo giardino è l’anima del mio amico, dove nessun sentimento manca, neppure quello dell’umorismo su di sé; umorismo che è sempre segno di intelligenza specie quando è intorno a se stessi”.

In diversi passaggi della propria vita e della propria produzione scritta Ettore ha guardato con serenità al tema della morte. Sua nipote per salutarlo ha scelto una poesia pubblicata nel suo ultimo lavoro pubblicato, Il bufalo e il bambino, Giuliano Ladolfi editore.  Una scelta che il suo nonno Ettore avrebbe apprezzato. Magari l’avrebbe rimproverata per qualcosa, “perché diciamolo pure -racconta un suo amico – lui aveva un caratteraccio”, però poi l’avrebbe stretta a se dimostrandole con il sorriso contagioso, quanto fosse felice che gli piacesse la sua ironia e quanto fosse cresciuta e bella.

Ettore Masina era rigoroso, ma al tempo stesso passionale e grande amante dei giochi con le parole. La sua testimonianza resterà per sempre anche grazie alla maestria del saperle trattare.

La morte giocosa

La morte mi si appiccica addosso
come una maglia troppo stretta
come un cane che zampetta
per avere un benevolo osso.
Mi lecca le idee,
mi inquina le prove
(anche quella del nove).
Mi lima le speranze,
rattrappisce le distanze,
pretende e concede cortese
(un anno, sei mesi, un mese).
Promette, ma con ironia,
con velenosa bonomia.
Ti illude, si nega, ti nega,
a cari ricordi ti lega
(rivedrai tanti amici,
starete, insieme, felici).
Addensa nuvoloni
per congrue disperazioni.
Scompiglia sentieri e pensieri,
ti toglie diritti e doveri.
La banda musicale
del mio funerale
(suonatemi l’Internazionale!)
già si è messa in cammino,
scende per vie senza fretta,
grancassa e bombardino:
l’addio per un vecchio bambino,
con l’abito scuro,
dall’ombra dipinto sul muro.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 30 Giugno 2017
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