Oggi ci vogliono uomini nuovi e attenti anche alle istituzioni

Dalla grande insustria allo sport, passando per l'ospedale e l'università: ci vogliono attenzione e cura per il bene della città

Una serata in ricordo di Ermanno Bazzocchi

Incollato alla tv, me ne sono andato quando le Frecce Tricolori si sono congedate dopo la loro fantastica esibizione.Uno spettacolo che ogni anno si arricchisce di qualche numero d’alta scuola, possibile per la preparazione e la classe degli straordinari piloti della pattuglia acrobatica nazionale, per la raffinata qualità degli aerei, tanto cari ai varesini.

Oggi nella loro sigla c’è solo la emme maiuscola di Macchi, non è più accompagnata dalla B, iniziale del cognome Bazzocchi, il geniale progettista che ha portato al settimo cielo l’industria aeronautica varesina. L’ingegner Ermanno, tradatese d’adozione, è stato a lungo un riferimento mondiale: già avanti negli anni veniva invitato per importanti conferenze a migliaia di chilometri da Varese.

Bazzocchi dopo la guerra salvò impianti e posti di lavoro dell’Aermacchi con molteplici iniziative in diversi settori, poi con il via libera per riprendere la produzione di velivoli sarebbe arrivato il primo gioiello MB, primo di una serie pluridecennale di successi tecnici e commerciali. Ermanno Bazzocchi è stato citato da chi domenica commentava l’esibizione delle Frecce Tricolori. Bazzocchi è stato premiato dalla Regione Lombardia ma, grande pure il tributo della nostra Amministrazione provinciale, guidata da Massimo Ferrario. Può darsi che in seguito il Comune qualcosa, con deplorevole ritardo, abbia fatto ma ricordo che – poteva essere la prima istituzione in assoluto a celebrare un grandissimo manager – Bazzocchi venne accantonato perché… dirigente di una fabbrica d’armi!! Mica male per una squadra civica che non giocava con maglie e stella rosse.

Ricordare oggi Bazzocchi muove il rimpianto della lunga e grande stagione del lavoro e anche dello sport di Varese alla quale diedero apporti strepitosi leader della comunità prestati alla politica che se ne avvalse ampiamente. Oggi il mondo del lavoro, anche quello che ha radici cattoliche, sta alla larga dai palazzi, dalle istituzioni. Si può capire questa fuga, ma senza una decisa “reconquista” non ci sarà mai una ripresa del Nord Ovest, di casa nostra. Aldilà delle nostalgie è chiaro che oggi ci vogliano uomini nuovi, attenti anche alle istituzioni; sono giorni in cui lo dicono pure i cigolii di ex avanguardie come Università e Ospedale di Circolo: vanno aiutate a superare mutamenti legati al trascorrere del tempo e alla fragilità anche della politica.

Sono due grandi aziende, abbiamo il dovere dell’attenzione senza pretendere di comandare in casa d’altri. Tanto più che l’Università globalmente marcia bene, ma le viene la febbricola quando deve a volte condividere scelte con chi cura la salute pubblica, cioè l’ospedale. Il Circolo ha una recentissima storia, dolorosa, tutta particolare, fatta di velleità e buone intenzioni che costano spesso disagi ai cittadini e a chi lavora nell’apparato assistenziale.

Nei giorni scorsi è stato sollevato il velo sul disastro del reparto trapiantati e dializzati. Una autentica vergogna manageriale sulla quale è calato il silenzio dei vertici regionali e non solo della sanità.

Adesso il Centrodestra non ha tempo per Varese, deve festeggiare la vittoria elettorale. Ma verranno, loro e anche il PD, quarto componente della banda muti di Palazzo Lombardia, a spiegarci in chiave elettorale il molto che hanno fatto per la sanità di casa nostra.

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Pubblicato il 26 Giugno 2017
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