Faberlab, un poker di storie per raccontare chi c’è dietro prototipi e stampa 3D
Si chiamano Davide, Erica, Ilaria e Samuele, lavorano in viale Europa 4/A a Tradate e sono i volti del laboratorio digitale di Confartigianato Imprese Varese. Attraverso di loro cerchiamo di scoprire perché, Industria 4.0, è tecnologia ma anche, e soprattutto, persone
Apri la porta, trovi chiavi inglesi in plastica 3D miniaturizzate con inciso sopra “Faberlab” (un gadget che va a ruba) e uno spazio che non contiene solo mobili e macchine ma anche, e soprattutto, idee e progetti. Poi la porticina sempre aperta che conduce all’officina.
Non passa neppure un minuto e ti rendi conto che la parola “produzione”, in questi ultimi anni, ha assunto significati sorprendenti. Al Faberlab, avverti solo il scivolare ritmato delle stampanti 3D. Incessante e ipnotico. A farsi sentire, invece, è il brio giovanile. Quella curiosità che è nulla senza la passione e il trasporto di chi, dopo tanta teoria universitaria, si trova catapultato nella pratica che muove l’economia.
In quattro puntate ecco i protagonisti, giovani, dell’officina digitale di Confartigianato Imprese Varese: Davide Baldi, responsabile Faberlab, Erica Contran, Ilaria Restelli e Samuele Corti, l’ultimo arrivato. E iniziamo proprio da lui.
Samuele Corti ha 32 anni, sorride e guarda le macchine. Dice: «Entrare al Faberlab è stato come rovesciare un secchio d’acqua in un bicchiere». Il bicchiere è lui, il secchio è tutto quello che accade nel laboratorio digitale di Tradate. In tre mesi di tirocinio, questo ex-giardiniere diplomato in Agraria – con laurea a Genova in Architettura del paesaggio – ha studiato, capito e imparato. Ma il vero segreto, dice, «è essere come una spugna, perché qui si lavora al Pc e poi si prende in mano quello che vedi sullo schermo: passi dal sogno alla realtà. Quest’esperienza mi sta piacendo!».
La parola intorno alla quale gravita la passione di Samuele è “creare”. Al Faberlab si dà forma alle proprie idee ed è facile lasciarsi affascinare da tutto quello che si pensava non potesse essere vero. Finalmente «il bicchiere è entrato nel secchio» perché quello che Samuele ha visto e toccato con mano, ora gli è rimasto dentro.
E scorre ogni giorno, e tutte le volte, che questo giovane apre la porta della sala macchine del Faberlab, legge il “Welcome” che ci sta sopra e si mette in moto. Proprio come fanno le stampanti 3D. Ma in questa officina Samuele sta creando anche il suo futuro.
Che, come spesso accade, non ha ancora una forma definita: «Sono architetto e mi piacerebbe abbinare le mie conoscenze tecniche a qualcosa di concreto. Ho un debole per la stampante a resina, mi piace la sua precisione, è stimolante vedere come si assemblano gli oggetti». Un flirt improvviso che Samuele cercherà di mettere a profitto nel «lavorare con le piante: la stampa 3D semplifica le cose, e anche il lavoro si semplifica».
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