Giacomo Poretti: “Ci vediamo al sacro Monte per parlare dell’anima”

Sarà lui a chiudere, con un monologo sull’anima, l’edizione 2017 di Tra Sacro e Sacro Monte. Lo abbiamo intervistato prima della sua anteprima

Avarie

Sarà lui a chiudere, sulla terrazza del Mosè, l’edizione 2017 di Tra Sacro e Sacro Monte: con un monologo sull’anima.

Giacomo Poretti, il “Giacomino” del Trio Aldo, Giovanni e Giacomo con il suo “Come nasce un’anima” che presenterà in anteprima nazionale sulla terrazza del Mosè il 27 luglio alle 21, chiuderà con il sorriso l’ottava edizione del festival che unisce teatro di alto livello a riflessioni spirituali, in un luogo di culto e bellezza.

Praticamente un unicum nel panorama teatrale italiano e oltre, che ha portato nelle otto edizioni quasi 20mila spettatori al borgo del sacro Monte di Varese: e che proprio con il monologo di Poretti apre anche a una riflessione più ironica sulle grandi domande esistenziali, con un protagonista che fino a poco tempo fa non sembrava sarebbe stato mattatore in questo genere di discorsi, e che invece sta diventando una vera rivelazione.

Il dialogo tra una madre e il figlio in croce, la domanda su cos’è un’anima… A quanto sembra, il comico Poretti si sta specializzando in argomenti tosti. E’ così?

«In realtà il motivo per cui tutto è cominciato da un lato è casuale e dall’altro lato segue, banalmente, degli interessi, delle cose che si hanno dentro. Quelle che sono diventate il monologo che porterò al sacro Monte sono domande che mi ponevo, che si pongono tutti. Incutono solo più timore: magari si hanno meno risposte per loro, si provano a evitarle. Anch’io ci avrò provato, ad evitarle: ma non ci sono riuscito. Cosi mi sono confrontato con queste questioni, con la cifra che mi è propria: cioè con un po’ di ironia. Lo spettacolo, in fondo, è una forma di dialogo su questo argomento, anche se è uno solo che parla: perchè, anche se non interviene a parole il pubblico dialoga con l’attenzione, l’emozione, la partecipazione»

Questo spettacolo, e lo spettacolo precedente recitato in piazza Duomo, non possono che nascere da lontano, da riflessioni profonde che ci si porta entro. Da quando? sa dare un inizio a questa forma di riflessione?

«Dire di preciso come sia nata non so, ma la mia fa parte di una storia che accomuna tutto il “paese Italia”. E’ un percorso segnato da tappe precise, da quando i genitori hanno deciso di battezzarti: nasci in famiglie che vanno a messa e poi vai all’oratorio, che è un punto centrale della tua esistenza da giovane. Magari poi lo abbandoni già in adolescenza: ma intanto hai respirato certi valori fondamentali, che puoi mettere da parte per un po’ ma poi, visto che rispondono alle domande esistenziali, prima o poi ritornano. E per me sono ritornate in questa forma».

Conosce già il contesto in cui parlerà, di cosa si tratta? avrà dietro di sè una vista che arriva fino a Milano e davanti un santuario roccaforte della cristianità ai bordi di un confine protestante…

«Certo che lo conosco: sono nato e vissuto non tanto distante dal Sacro Monte… mi era capitato di finirci in visita da ragazzo, con le gite dell’oratorio. Poi ha segnato in qualche modo anche la nascita del Trio. Quando ho cominciato a lavorare, al Caffè Teatro di Vergherà di Samarate sono andato con Castiglioni (il proprietario e patron del caffè teatro, ndr) al Sacro Monte, c’erano anche gli altri, e proprio in un locale là sopra nacque, con una dichiarazione fatta un po’ per ridere, l’idea del Trio. Ed è proprio li che fissammo la sua nascita formale. Sicuramente è un posto suggestivo dal punto di vista architettonico: il fatto che poi venga usato dal punto di vista teatrale è ancora più interessante»

Il resto del lavoro come si concilia con questa attività “in solitaria”? come reagisce il resto del Trio?

«Non ci sono problemi: perché ognuno di noi ha sviluppato le sue passioni e interessi: Giovanni si è messo a correre, e ha fatto grandi cose con questa sua passione, Aldo ha sviluppato la pittura. Ognuno di noi, nel tempo, si è ritagliato dei propri interessi. E poiché abbiamo festeggiato i 25 anni di carriera insieme, per quest’anno e l’anno prossimo abbiamo deciso di mettere i remi in barca, e ognuno si sta divertendo a suo modo».

Com’è nato il suo rapporto con Andrea Chiodi, il direttore del festival Tra Sacro e Sacro Monte, che l’ha portato qui?

«Con Andrea ci siamo conosciuti nelle due performance che ho fatto in piazza del Duomo: era stato chiamato da don Davide Milani, per fare la regia dello spettacolo. Ci siamo molto simpatici, e ci ha provato due volte a portarmi al sacro Monte: la prima volta è stato l’anno scorso, però non avevo niente di nuovo da proporre. All’inizio della primavera di quest’anno però mi ha ricontattato, questa volta avevo una idea da sottoporre.. ed eccomi qui»

Di cosa tratta “Come nasce un’anima”?

«Nasce tutto da un fatto vero, una cosa che mi è capitata e che ha fatto da scintilla: quando è nato nostro figlio, che ora ha quasi 11 anni, venne a trovarci poche ore dopo il parto un sacerdote anziano, un caro amico, aveva 85 anni. Ha giocato un po’ con quell’esserino di 24 ore, poi se n’è andato lasciando un curioso augurio, a me e mia moglie: “complimenti, avete fatto un corpo, ora dovete fare un anima”. Avremmo potuto liquidarla come una sciocchezza qualunque detta per l’occasione, e invece ci è rimasta sempre in testa. eravamo proprio convinti che se l’aveva detto era perché c’era un senso. E proprio questa frase mi è sembrata un incipit straordinario per ragionare su questo: se devo fare l’anima, come la faccio? la posso comprare? E se si compra dove? La trovo al supermercato? su wikipedia? spunta da sola coi dentini da latte? Dai e dai, è diventato un monologo, quello che vedrete al Sacro Monte».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 24 Luglio 2017
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