Necropoli di San Biagio, tra gli scavi nasce un laboratorio di ricerca

Continuano gli studi alla necropoli all'esterno della chiesa e nel 2107 è nato un laboratorio di antropologia che coinvolge gli studenti dell'Insubria, per studiare i reperti

Un vero e propio laboratorio di antropologia fisica nella piccola chiesetta di San Biagio. La struttura romanica, dal 2006 è interessata da scavi che sono andati a scoprire una necropoli che costudisce all’interno e all’esterno dell’edificio. Studi che negli anni hanno portato a moltissimi risultati, importanti dal punto di vista storico e antropologico e che non si sono più fermati.

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IL LABORATORIO 

Il 2017, oltre a nuove scoperte, ha segnato la nascita di un piccolo centro di ricerca in loco, formato dai dottorandi in medicina clinica e sperimentale dell’Università dell’Insubria di Varese. Gli studenti si sono alternati in piccoli gruppi per procedere a un’opera di studio e catalogazione dei reperti ossei ritrovati, sia di questa che delle campagne di scavo precedenti: «Si tratta di un modello di ricerca molto valido e che ci piacerebbe fosse esportato anche altrove, per esempio all’area cimiteriale di Caravate. Con queste metodo antropologia e archeologia non sono più così distanti. C’è una continuità tra scavo e studio, con indagini puntuali e immediate nello stesso luogo dei ritrovamenti – spiega Marta Licata (tecnico del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita, diretto dal Professor Giovanni Bernardini) che collabora con la dottoressa Ilaria Gorini, docente di Storia della Medicina -. Si ricavano dati utili sia alla ricerca storico-archeologica, sia alla ricerca paleopatologica e antropologica sulle dinamiche antiche di popolazione».

Per gli studenti significa quindi partecipare ad un’esperienza di formazione unica, come raccontato dai ragazzi presenti e provenienti da diverse facoltà di medicina. «Credo che questo sia un ottimo esempio di collaborazione sul territorio e per il territorio – ha sottolineato rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria, Alberto Coen -. L’università ha uno sguardo internazionale ma non perde di vista la realtà locale. Credo che ci sia un aspetto molto innovativo nel portare le competenze nel sito e credo che i ragazzi che partecipano hanno la possibilità di fare un’esperienza unica; quando si entra qui dentro si ha la sensazione di essere in un laboratorio e questo è possibile grazie al contributo di tante realtà». Il rettore infatti, ha sottolineato come il progetto di ricerca nell’acropoli abbia un punto critico: «la reperibilità di fondi e bisogna che ci sia sensibilizzazione rispetto a questo».

Chiesa San Biagio Cittiglio, la necropoli

I FONDI 

Gli ultimi scavi infatti, sono stati eseguiti grazie ai finanziamenti ottenuti dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto ma per il futuro si è alla ricerca di altri fondi. «L’archeologia non viene considerata ma andrebbe fatto perché appena si mette in moto porta alla luce un patrimonio “spendile” in futuro», ha sottolineato Marta Licata.

LE NUOVE SCOPERTE 

Gli ultimi scavi in corso, ripartiti tra i mesi di maggio e luglio 2017, hanno portato alla scoperta di altre dodici tombe che si vanno ad aggiungere alle quaranta sepolture già portate alle luce durante gli scavi archeologici precedenti effettuati a partire dal 2006.

«Stiamo cercando di capire quanti individui siano stati sepolti – spiega Marta Licata che lavora sul sito archeologico con la dottoressa Monica Motto di “Archeo Studi” Bergamo -. È un sito ricco di reperti, oltre agli scheletri abbiamo ritrovato alcune monete e pochi altri oggetti di corredo. Si tratta di uno studio particolarmente interessante dal punto di vista antropologico proprio per il ritrovamento di numerosi infanti; tra l’altro troviamo dei feti o neonati deposti secondo una modalità molto particolare: avvolti dentro un sudario e messi dentro un coppo, una tegola comune. Si tratta di una usanza tardo romanica, utilizzata nelle aree cimiteriali lombarde e poi abbandonata in epoca tardo medievale, ma che viene riutilizzata in Canton Ticino e qui a Cittiglio nel 1500. Stiamo cercando di capire il perché di questa particolare modalità di inumazione, e se si possa parlare di un rituale locale».

Dagli studi effettuati fino ad ora inoltre, emerge che l’età media era di circa cinquant’anni e la mortalità tra i bambini dagli uno ai tre anni era altissima. Inoltre, l’altezza media delle persone era intorno al metro e cinquanta per gli uomini e al metro e cinquantacinque per le donne. Diversi anche i resti di animali ritrovati.

PROGETTI PER IL FUTURO

Gli scavi archeologici e gli studi sul sito continueranno fino alla disponibilità di fondi. Per quanto riguarda la struttura invece, l’ingegner Antonio Cellina per il “Gruppo amici di San Biagio” ha spiegato che: «si lavorerà per capire come conservare il sito archeologico all’esterno e sistemare l’esterno». All’interno è già stato posizionato un pavimento di vetro che permette di vedere le rovine e di utilizzare la chiesa.

Hanno preso parte al sopralluogo: il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria, professor Alberto Coen Porisini; il professor Giuseppe Armocida, docente di Storia della Medicina; il tecnico del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita, dottoressa Marta Licata, il funzionario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, dottoressa Sara Matilde Masseroli; l’ingegner Antonio Cellina per il “Gruppo amici di San Biagio”, gli archeologi Roberto Mella Pariani e Monica Motto di “Archeo Studi” Bergamo e un nutrito gruppo di studenti, dottorandi e tesisti dell’Università degli Studi dell’Insubria.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Luglio 2017
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