L’ultima scultura della basilica di Castelseprio racconterà i Longobardi al mondo
Di proprietà della Società Studi Patri e normalmente esposta nel museo di Gallarate, la lastra di marmo scolpita risale al VII secolo: giovedì è partita per una mostra a Pavia. Ma poi andrà a Napoli e all'Hermitage di San Pietroburgo
La storia dei Longobardi, da Castelseprio, approda con una mostra a Pavia, a Napoli e persino all’Hermitage di San Pietroburgo, uno dei più importanti e conosciuti musei al mondo. E lo fa con un’opera di grande valore, prestata alla esposizione dalla Società Gallaratese per gli Studi Patri.
Il prestigioso prestito riguarda infatti il pluteo della basilica di San Giovanni Evangelista, insieme a Santa Maria Foris Portas l’edificio più rilevante del distrutto castrum di Castelseprio. Il pluteo è un’imponente lastra in marmo scolpito, che faceva parte appunto della balaustra che separava il presbiterio dall’aula dei fedeli della basilica, che sopravvisse al castrum (distrutto nel 1287) e fu abbandonata solo alcuni secoli dopo. «Si tratta dell’unico elemento decorativo salvatosi della basilica» spiega Matteo Scaltritti, presidente della Società Gallaratese per gli Studi Patri. «Gli studi sono concordi nell’attribuirlo al VII secolo dopo Cristo, gli studi sono ormai concordi. È un lastra di marmo con una incisione di bassa profondità che raffigura quattro arcate sostenute da colonnine, che inquadrano quattro croci. Si tratta di una simbologia non nota, ma che trova riscontro per la tecnica altomedievale con cui è realizzata».
I ruderi di San Giovanni Evangelista a Castelseprio: l’abside
Oggi di San Giovanni a Castelseprio rimangono le importanti rovine, oggetto di scavi archeologici e risistemate per la fruizione da parte del pubblico: l’alta abside, che si staglia al centro del prato corrispondente al centro del castrum, è un elemento di richiamo simbolico. Meno nota è appunto la vicenda del pluteo, che pure ha un alto valore per il fatto di rappresentare l’unico elemento della decorazione interna: «Finì alla canonica di Carnago» continua Scaltritti. «All’inizio del Novecento fu acquisito dalla Società degli Studi Patri» (costituitasi a Gallarate sulla fine dell’Ottocento, in clima di rinascita nazionale, ndr). Il pregevole elemento architettonico divenne parte della collezione esposta al museo degli Studi Patri (l’interessante “chiostrino” di via Borgo Antico a Gallarate): la Società gallaratese ha avuto un ruolo significativo nello studio del castrum di Castelseprio, con le campagne di scavo curate tra anni Sessanta e Settanta dal professore Alessandro Deiana e da Carlo Mastorgio (oltre al pluteo, il Museo ha esposto in passato anche altri pezzi di proprietà statale, poi confluiti nell’antiquarium di Castelseprio). Il pluteo fu poi esposto in una importante mostra sui Longobardi che si tenne negli anni Ottanta.
La nuova mostra “I longobardi, un popolo che cambia la storia” si è rivelata una occasione importante per la valorizzazione del pezzo. «Abbiamo chiesto alla organizzazione della mostra di accollarsi i costi restauro e pulitura, che è stata eseguita nei giorni scorsi da Isabella Pirola, restauratrice con cui abbiamo un rapporto consolidato». Al termine del restauro, nella giornata di giovedì 10 agosto il pluteo è stato prelevato e caricato per il trasporto fino alle scuderie del Castello Visconteo di Pavia: una operazione non proprio banale, perché l’imponente lastra di marmo ha un peso di 550 chili.
La mostra “I longobardi un popolo che cambiò la storia” aprirà il 1 settembre al Castello Visconteo di Pavia, dove rimarrà allestita fino al 3 dicembre 2017. Dal 15 dicembre 2017 si trasferirà al Museo Archeologicoi di Napoli, mentre da aprile a giugno 2018 sarà al Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo. Dall’estate prossima il pluteo tornerà poi al museo di via Borgo Antico a Gallarate: la mostra di valore internazionale potrà essere anche un’occasione per (ri)scoprire la ricca collezione della Studi Patri.
Castelseprio, con il monastero di Torba, fa parte del sito Unesco “Longobardi in Italia. I luoghi del potere”, che comprende anche i siti di Brescia, Cividale del Friuli, Spoleto con Campello sul Clitunno, Benevento e Monte Sant’Angelo. È uno dei quattro siti Unesco della provincia di Varese.
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