Il numero di Binda nell’agenda di Lidia Macchi

Era sbagliato e la migliore amica di Lidia ha detto di non averli mai visti insieme. Il biglietto "Stefano è un barbaro assassino"

Udienza Lidia macchi con Fontana e grafologa

Non c’è un accordo tra le grafologhe interpellate dalla accusa e dalla difesa sulla lettera “In morte di un’amica”. Anche oggi, durante l’udienza in corte d’assise, la consulente della procura generale è stata ferma nel ribadire la sua tesi; che la lettera anonima inviata ai genitori di Lidia Macchi sia stata scritta da Stefano Binda, mentre la consulente della difesa ha sostenuto ancora una volta la tesi opposta.

Le spiegazioni sono tutte legate a questa particolare disciplina, che, in ambito forense diventa spesso decisiva.  Tutto si decide dall’inclinazione di una consonante, il puntino su una i, o ancora l’attaccatura tra due lettere, inezie per i profani, ma che divengono probanti.

Dunque, sarà la corte a decidere quale delle tesi sia la più appropriata. L’ordinanza di custodia cautelare, che ha disposto nel 2016 l’arresto di Stefano Binda, ha dato una forte rilevanza alla consulenza grafologica, e alla lettera, come prova del delitto: una sorta di ricostruzione della scena omicidiaria in forma simbolica.

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Oggi hanno sfilato i testi della difesa. Con l’ispettore capo Giovanni Maschi si è parlato delle perquisizioni a cui fu sottoposto Binda. Ex dirigente della squadra mobile, poi trasferito, Maschi ha raccontato che in una agenda di Lidia Macchi venne rinvenuto il nome e il numero di Binda, che però non corrispondeva al suo reale numero di casa. La polizia non riuscì mai ad accertare di chi fosse quel numero. Questa circostanza è stata evidenziata dagli avvocati Patrizia Esposito e Sergio Martelli della difesa.

Interessanti le testimonianze di alcuni ex ragazzi dell’epoca.  Giovanna Bernasconi ad esempio si è definita la migliore amica di Lidia, in quegli anni, e anch’essa ha detto di non aver mai saputo che la Macchi frequentasse Binda. La vittima, è parso di capire oggi, non aveva il vero numero dell’imputato, ma un numero diverso, oppure sbagliato. Maschi ha fatto una supposizione e cioè che forse Binda aveva cambiato numero negli anni.

Tuttavia l’accusa ha anche altre armi dalla sua parte, ad esempio il biglietto “Stefano è un barbaro assassino” che la procuratrice generale Gemma Gualdi ha citato nuovamente anche oggi, e che venne rivenuto nell’agenda di Stefano Binda durante la perquisizione con l’ispettore Maschi. La Bernasconi ha definito Binda “intellettualone e poeta baudeleriano”. E’ strano, certo, che un ragazzo scriva di sentirsi un assassino, però Binda non era un ragazzo qualunque. Il foglio inoltre fu rinvenuto in un’agenda precedente al 1987, secondo l’accusa l’imputato usava più agende e non corrispondenti necessariamente agli anni indicati nelle pagine stampate. Binda disconosce quel foglio e anche oggi in una dichiarazione spontanea ha affermato che quella non è la sua scrittura e dunque non l’avrebbe scritto lui.

E’ stato ascoltato anche Franco Bruschi, all’epoca uno dei responsabili di gioventù studentesca, sulla vacanza di Pragelato, ma di cui non ricordava granché. Michele Rusmini invece è un ex ragazzo di Cielle che a Pragelato non ricorda la presenza di Binda.

Alcuni aspetti del racconto di Giovanna Bernasconi sono stati molto vividi. La teste ha detto di non aver mai sentito Lidia parlare di Binda e non li ha mai visti insieme. Ha aggiunto però che Lidia le fece in quel periodo delle confidenze sentimentali ma riguardavano un altro ragazzo, più volte nominato, uno studente a cui però lei non si dichiarò mai.

La donna ha anche riferito aggiunto che nel movimento di Cielle non era concepibile, almeno come regola generale, che i ragazzi avessero rapporti sessuali prematrimoniali, anche se alcuni trasgredivano. E che c’era l’abitudine di andare a confidare i propri flirt a don Fabio Baroncini: “Era comune che quando qualcuno di noi si innamorava andasse a parlarne con don Fabio, quando mi innamorai di mio marito lo feci anche io”. Infine è stato ascoltato anche Stefano Varano l’amico di Patrizia Bianchi che, secondo la teste, avrebbe raccontato di un complotto a Brescia per scagionare Binda. Era tutto un equivoco, Varano ha negato tutto ed è stato congedato in pochi minuti.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 27 Ottobre 2017
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