L’assessore di Busto: “Varese sbaglia a togliere i cartelli in dialetto”

le due città contrapposte dalla storia. L'assessore leghista Maffioli critica il collega Zanzi: "Non ci si libera così dal provincialismo"

Manuela Maffioli

Egregio Direttore,

La ringrazio per la disponibilità che mi offre di inserirmi nel dibattito, in corso in questi giorni, relativo alla volontà dell’Amministrazione Comunale di Varese di eliminare cartelli toponomastici che riportano il nome della città in dialetto. Cartelli posizionati a cura delle precedenti Amministrazioni a guida leghista, la cui rimozione non sarebbe tuttavia, a detta dei promotori, da considerare in chiave di mera contrapposizione politica, ma di processo per “togliere la città di Varese dal provincialismo”.

Ferma restando la piena legittimità di ogni Amministratore a dare la propria ‘impronta’, la propria linea alla guida di un Ente, come peraltro da democratico mandato popolare, mi permetta di fare qualche riflessione.

vicesindaco varese daniele zanzi

(Zanzi)

Quando, un paio di settimane fa, ho assunto la guida dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Busto Arsizio ho chiesto, e fortemente voluto, che, a questa delega, si aggiungesse quelle alle Identità. Questo, mi creda, non per sollevare la brezza di un generico compiacimento politico o partitico, ma perché sono fermamente convinta che quella delle ‘Identità’ sia una declinazione della più ampia delega alla Cultura, anzi ne sia parte integrante.

Non rimando, a supporto, alle suggestioni famigliari di una lingua parlata in casa da nonni e genitori, da un suono riconoscibile legato a ricordi personali. Mi rapporto direttamente con la dimensione concreta della storia, delle tradizioni, dell’appartenenza a un contesto culturale, sociale e anche economico per certi aspetti.

Ritengo che cancellare la memoria, le memorie, dei popoli, delle comunità, come dei singoli, sia una violenza alla storia di quegli stessi popoli, comunità, singoli. E la memoria, oltre che attraverso l’arte, la letteratura, la musica, i monumenti e gli edifici, scorre anche attraverso la lingua. Che è patrimonio immateriale e, quindi, a maggior ragione, da tutelare.

Cartelli Vares

Forse che valorizzare la cultura bustocca – come intendo fermamente fare – mi impedirà di aprire la mia città a una dimensione sovracomunale, sovraprovinciale, finanche nazionale e ancora di più? Ad allargare sguardo e orizzonte negli infiniti spazi della cultura e dell’arte? No, certamente. Lo farò, lo faremo, con la consapevolezza di chi siamo stati e di chi siamo. Con la responsabilità di una storia e di una tradizione, base solida su cui poggiamo e su cui confrontarci in ogni spazio nel mondo. Consapevolezza si basa anche sui simboli.

L’Amministrazione di cui ho l’onore di fare parte sta pensando molto in grande per la città. E così faccio e farò io, per la parte che mi compete. Ma non leverò il cartello ‘Büsti Grandi’ dall’ingresso in città di via Lonate, anzi vorrei poterne collocare altri. Questo non renderà le braccia della generosa Busto meno aperte verso chi vi entrerà. Magari diretto a visitare il meraviglioso ‘Museo del Tessile’, domus per eccellenza della nostra cultura anche imprenditoriale.

Non sarà levando un cartello che ci si libererà dal “provincialismo”, che peraltro ha, ai miei occhi, una valenza del tutto nobile, intesa come custodia di valori. Anzi, credo non vi sia nulla di più provinciale – in questo caso nel senso deteriore – di cercare di annullare la propria identità nel mare magno omologante dell’indeterminazione.

Manuela Maffioli
assessore a culture, identità e commercio del comune di Busto Arsizio

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Pubblicato il 25 Ottobre 2017
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