Le mamme di Angera pronte con un nuovo progetto: la casa della maternità

L'associazione "Amor" torna in campo per sostenere l'ospedale "Ondoli", questa volta non con una protesta ma con una proposta già consegnata ai consiglieri regionali Alfieri, Marsico, Macchi, Monti e all'assessore Gallera

«Dopo la riapertura dei reparti di maternità e pediatria a febbraio, non ci siamo fermate. Per mesi abbiamo studiato, abbiamo incontrato medici, visitato e conosciuto altre esperienze anche fuori regione e intrecciato reti». Le mamme dell’associazione “Amor” di Angera tornano in campo per sostenere l’ospedale “Carlo Ondoli”, questa volta non con una protesta ma con una proposta: realizzare “La casa delle mamme (o della maternità) di Angera“. Il progetto è già stato consegnato ai consiglieri regionali: Alessandro Alfieri (Pd), Luca Marsico (FI), Emanuele Monti (Lega Nord) e Paola Macchi (M5S), oltre che all’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera (FI).

IL PIANO GALLERA HA DELLE CRITICITÀ
«La soluzione presentata dall’assessore Gallera presenta già delle criticità» ha detto durante la conferenza stampa il moderatore Lorenzo Franzetti. Tra i tanti presenti nella sala del museo di Angera, anche il sindaco Alessandro MolgoraMarco Brovelli, nella duplice veste di vicesindaco e presidente del Comitato permanente per l’ospedale “Carlo Ondoli”, l’assessore al Territorio di Ispra Renzo Agostini e il parroco don Pietro Bassetti.
«Non c’è un’equipe fissa di pediatria – ha continuato Franzetti – e da Saronno non c’è più là disponibilità dei pediatri. Non è stata nemmeno riattivata la convenzione con il consultorio di Sesto Calende come invece era stato promesso. E poi persiste questa schizofrenia incomprensibile di un territorio che appartiene all’asst dei sette laghi e un struttura che è stata accorpata all’asst della Valle Olona. La sanità pubblica non puo’ essere calata dall’alto ecco perché noi presentiamo un progetto per ribadire l’importanza della qualità del servizio».

UN PROGETTO DI SANITÀ PARTECIPATA
Sabrina Consiglio, presidente dell’associazione “Amor”, e il consigliere Roberta Falasca hanno sottolineato a più riprese il concetto di partecipazione che caratterizza il progetto. Il confronto con i politici continua anche se ora le mamme chiedono alla politica di mettersi in gioco su qualcosa di più concreto per rafforzare il punto nascite di Angera con interventi semplici e naturali. «La nostra considerazione di partenza – ha spiegato Alessandra Doridoni, portavoce dell’associazione – è che il parto fisiologico non è una malattia ma un’esperienza meravigliosa che richiede umanità e un contesto sereno».
Il modello proposto si basa sul concetto di rete: al centro c’è il punto nascite di Angera che rappresenterebbe una “costola” di un punto nascite più grande, un hub di terzo livello come, per esempio, l’ospedale Filippo Del Ponte di Varese. «Il piccolo ospedale – ha aggiunto Doridoni – contribuisce a non intasare i grandi ospedali che dovrebbero concentrarsi su situazioni patologiche, complesse e gravi». Il collegamento con consultori e medici di base garantirebbe un’azione di sistema efficace in grado di garantire anche i servizi pre e post parto per la mamma, il bambino e il padre.

Avarie

LE RISORSE ECONOMICHE NON SONO IL PROBLEMA
Poiché la prima obiezione che arriverà dalla politica sarà proprio la mancanza di risorse, la rete prevista dal progetto fa leva sulla partecipazione di cittadini, sponsor e associazioni pronti a contribuire economicamente. Non si escludono azioni di crowdfunding.  «Quello dei soldi è un falso problema – ha detto Lorenzo Franzetti – basti considerare che lo spreco nella sanità ammonta a 25 miliardi di euro. Noi abbiamo già avuto manifestazioni di volontà di persone e organizzazioni disponibili a intervenire economicamente. In questi mesi abbiamo lavorato molto su questo fronte, che richiede esperienze e competenze specifiche, confrontandoci con esperti del settore».

UN MODELLO CHE POTREBBE FARE SCUOLA
Non c’è presunzione in queste donne, quando dicono che il progetto del punto nascite di Angera potrebbe essere un modello nazionale, perché alcune delle soluzioni adottate fanno già parte di altri progetti come il Centro nascite Margherita di Firenze che trasforma il punto nascita in una casa (nel più autentico significato del termine) della maternità. «Sono esperienze presenti in Italia e anche all’estero, per esempio negli Usa – ha concluso Doridoni – che riproducono le stesse condizioni in sicurezza del parto nella propria casa, tutelando la serenità della mamma e del bambino».

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Pubblicato il 24 Ottobre 2017
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