La siccità fa ritrovare la pistola che ha ucciso Matteo Mendola

L'arma utilizzata per il delitto è stata trovata nelle chiuse del canale Regina Elena. Per la morte del 33enne sono stati arrestati due esecutori e il mandante, un imprenditore di Busto

pistola rapina

Continuano ad emergere lentamente i pezzi del complicato puzzle che gira intorno all’omicidio di Matteo Mendola, il 33enne di origini gelesi ma residente a Busto Arsizio ucciso a colpi di pistola e poi finito col calcio dell’arma in un capannone abbandonato nei boschi di Pombia la notte tra il 3 e il 4 aprile scorso.

Dopo l’arresto dell’esecutore Antonio Lembo e dell’amico Antonio Mancino, che lo avrebbe aiutato a nascondere il corpo, era stato il turno del presunto mandante, l’imprenditore bustese Giuseppe Cauchi, accusato da Lembo di essere colui che ha deciso l’omicidio.

Questa volta spunta la pistola utilizzata per compiere il delitto, ritrovata dopo mesi nel canale Regina Elena all’altezza di Marano Ticino grazie all’abbassamento del livello dell’acqua in questo periodo siccitoso. 

Tutta ancora da chiarire, invece, la vicenda che avrebbe portato un imprenditore di Busto Arsizio ad uccidere un giovane compaesano (entrambi sono di Gela, ndr). Non ci sarebbe solo una questione di furti ma anche di droga a fare da sfondo a questa intricata vicenda. L’imprenditore si dice del tutto estraneo ai fatti mentre la Procura di Novara è convinta di aver ricostruito per intero la dinamica dell’omicidio.

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Novembre 2017
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