Nella scatola dei sogni c’è la fustella di Marco, Giovanni, Luca. E di mamma Rosangela

Avvolgono splendidi abiti, cosmetici di pregio, profumi, cibi gourmet e tanto altro. E non chiamatele solo scatole. Perché, dietro a una scatola, c’è tanto lavoro. Come quello che ogni giorno impegna la M.G. Line di Morazzone, che produce fustelle americane a taglio laser. E pensa in grande. Anzi, in 3D

Imprese e territorio news novembre 2017

Per cosmetici, profumeria, alimenti, abbigliamento e ogni genere di imballo. Tutto, prima o poi, finisce in una scatola. Ma la scatola, come nasce? Alla M.G. Line di Morazzone i fratelli ZarpellonMarco (con il figlio Luca) e Giovanni (la terza socia dell’attività è mamma Rosangela e, ormai in pensione, papà Lorenzo) hanno quattro dipendenti e sono specializzati dal 1996 nella realizzazione di fustelle americane (un nastro di acciaio con un profilo superiore tagliente in grado di riprodurre una determinata sagoma) a taglio laser e packaging.

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M.G. Line 4 di 8

Una scatola, piccola o grande che sia, parte da qui. Su idea del cliente o su proposta della M.G. Line. Perché tra le 250/300 fustelle prodotte in un mese e le 200 a lame alte adatte per la termoformatura (tecnica di stampaggio di materie plastiche a caldo utilizzata per i settori più diversi: vaschette per alimenti, blister, finiture interne per l’automotive) qui a Morazzone si sviluppano tra i 4000 e i 5000 prototipi all’ anno.

La scatola, ovviamente, è fortemente influenzata dall’oggetto che deve contenere. Ed è proprio la scatola, a volte, a dare un valore maggiore al contenuto. Perché la funzionalità si lega direttamente all’estetica: forme, angolazioni, rotondità, profili e colori esaltano l’oggetto. Una volta avuta l’idea, si passa al disegno CAD curato da Luca: sul computer si sviluppano le linee, si studiano le proporzioni e si decide il materiale più adatto. Poi si passa al prototipo con “plotter da taglio” su cartoncino, cartone o plastica: le possibilità sono infinite, ma tutto è calibrato sulle caratteristiche del prodotto. E sull’uso che se ne farà. Una volta inviato il prototipo al cliente, si procede alla produzione della fustella. Che altro non è che uno stampo a tutti gli effetti.

Il disegno viene inviato alla traforatrice laser dove su di un pannello di legno multistrato di betulla (l’altezza può variare a seconda dello spessore del materiale) viene traforata la sagoma stesa.

Il passaggio forse più delicato, perché da quello dipenderà il prodotto finito, è l’applicazione nel pannello delle lame d’acciaio temprato, prodotte da una piegatrice automatica a controllo numerico che le sagoma. Una procedura ad alta manualità nella quale si svelano anche i trucchi del mestiere che ogni buon artigiano del settore deve conoscere per evitare che le lame, una volta utilizzate per la produzione della scatola, si rovinino e non funzionino a dovere nella fustellatura.

Ad occuparsene è Giovanni, fratello di Marco, che con martelli dalla testa in leghe leggere o duttili (alluminio, rame ma anche teflon non intaccano l’affilatura delle lame) inserisce i componenti in acciaio nel pannello evitando le eventuali interferenza tra queste e il legno.

Una volta terminato, si passa alla gommatura fatta con plotter taglio gomma. E qui la pazienza non deve mancare perché ai lati delle lame, seguendo al millimetro la sagoma predefinita, vengono apposte delle strisce che hanno il compito di evitare che il materiale tagliato resti incastrato nella fustella. Ricordiamo, infatti, che funzionando come uno stampo la fustella deve permettere l’espulsione del cartone o della plastica nel miglior modo possibile. Senza incastri o sbavature.

Una volta realizzata, la fustella è pronta per essere inviata allo scatolificio, alla cartotecnica o alla tipografia che, con platine manuali o automatiche, realizzerà la scatola.

Ma non finisce qui. E la sorpresa c’è quando Marco ci parla dell’idea di arrivare ad una «fustella 3D». Tra i primi in Lombardia, negli anni Novanta, ad introdurre in produzione un laser i due fratelli ora vogliono attrezzarsi per «realizzare piccole produzioni, dai cinque ai cinquanta pezzi – dice Marco – con un coltello, un V CUT, che lavori a quarantacinque gradi per poter realizzare scatole in cartone o plastica in grado di soddisfare le richieste anche di negozi e privati. È per questo che ci stiamo interessando alle agevolazioni offerte dal Piano Industria 4.0: le nostre macchine sono già tutte in rete, ma dobbiamo fare un passo in più».

Nessuno rimpiange gli anni Settanta, quando a posto del Cad c’era il technigrafo, si disegnava a mano su legno o su pellicola, il laser era ancora lontano e ci si affidava alla fotoincisione. Il legno? Si bucava con il trapano o con il traforo, e con il cartoncino si misurava la lama. Ora la M.G. Line lavora soprattutto per le aziende del Nord Italia e si è ricavata anche un piccolo spazio in Svizzera. E vuole che il nuovo anno sia 4.0.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Novembre 2017
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