Quando in paese c’era il clan degli abruzzesi

Una bottiglia di liquore a forma di carabiniere riporta alla luce una storia di mezzo secolo fa, quando dal Centro Italia maestri ceramisti venivano a lavorare per realizzare oggetti che fecero il giro del mondo, raccontando un pezzo di Paese che non c'è più

Avarie

Una nave carica di bottiglie di liquore a forma di carabiniere che partì per l’America e tornò indietro perché all’apertura del tappo il contenuto risultò evaporato. I forni per cuocere la ceramica che non si fermavano mai.

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Nei disegni dei ceramisti come è cambiata l’Italia 4 di 25

E poi il clan degli abruzzesi, un gruppo affiatato di grandi artigiani della lavorazione della ceramica arrivati tutti da un unico paese, Castelli, e che qui a Cunardo diede vita ad una comunità nella comunità.

Tutto intorno alla Ceramica Coronetti, importante realtà del passato che ancora oggi in molti si ricordano: sorgeva dove oggi c’è la casa di cura Le Terrazze.

Succede che qualche settimana fa un privato regala una collezione di immagini legate alla ceramica Castelli a Paolo Ricciardi, custode di Valganna.info e che qui finiscono con un post dove si racconta parte della storia della Ceramica.

Sembra passato tanto tempo, ma è giusto ricordare un bel passato di Cunardo che ha dato lavoro e lustro al paese, sto parlando della ceramica Coronetti, oggi ai più giovani questo nome forse non dice nulla, ma chi ha già qualche capello bianco la ricorda con nostalgia, eh si perché a Cunardo per quasi trent’anni si è prodotto ceramica in larga scala e fu subito un grande successo.

Gli inizi della ceramica partono da un locale dove oggi troviamo il Bar Tre Valli a lato della rotonda sulla statale intorno all’anno 1952, l’intento era quello di “creare” ceramiche da arredamento, i più esperti in ceramica li potrebbero definire “ceramiche kitsch” ad esempio i liquori dei famosi “carabinieri” in bottiglia se li ricordano tutti!

Ma anche se non li si potevano definire materiali di pregio non si può certo dire che l’idea di creare certi oggetti sia stata vana, anzi. La Ceramica Coronetti ha avuto un grande successo, nel pieno della sua attività poteva contare più di 100 maestranze assunte al suo interno, diverse persone arrivarono dal centro Italia, per lavorare a Cunardo.

La fabbrica si trasferì quindi in via Foscolo e si sviluppava su due piani, piano superiore reparto colaggio, inferiore forno a tunnel per il biscotto, forni per colori, reparto decorazioni ed in fondo staccato dal capannone reparto imballaggio e magazzino. Nella parte sul retro si trovava il parcheggio dove si smaltivano anche gli stampi in gesso dismessi. All’inizio dell’ingresso dal parcheggio si trovava il reparto modellisti dove appena entrati si distingueva quell’odore particolare di ceramica, la chiusura è arrivata nei primi anni ’80 e molti dei suoi dipendenti hanno proseguito la tradizione della ceramica Cunardese aprendo varie attività artigianali che hanno dato loro stesse altro lavoro a Cunardo.

Dopo diversi anni di abbandono i capannoni furono abbattuti ed oggi al loro posto troviamo la casa di Cura Le Terrazze al suo posto.

IL MAESTRO DEL BLU – E giù foto di disegni, schizzi e prodotti finiti, tra cui anche quelle strane forme di militari col pantalone scuro e la striscia rossa: oltre alla Benemerita c’erano anche il bersagliere e il granatiere, e la miriade di oggetti da regalo, portacenere, fermacarte e “boccalini” in ceramica bianca e decorata dove soprattutto in Svizzera si degusta il vino.

I disegni dei modelli che poi sarebbero stati realizzati in ceramica, rappresentano uno straordinario spaccato iconografico della società italiana degli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Settanta: le raffigurazioni dello sport, dei vestiti e persino del taglio dei capelli delle persone ci mostrano com’era l’Italia appena uscita dalla guerra fino ad oltre agli anni del boom.

Se lo ricordano bene, per esempio i coniugi Augusto e Marcella Di Simone. Lui di Castelli, lei di Cunardo: Augusto, classe 1937 arrivò qui nel 1953. Li incontriamo nel negozio di parrucchiera della figlia Laura che con grande orgoglio espone un piatto decorato proprio da Augusto.
«È il maestro del blu», dice di lui, entusiasta, la moglie, «era bravissimo a realizzare i colori e si era specializzato nella composizione di un blu davvero speciale».

ceramica coronetti cunardo

CUNARDO, CASTELLI – Ma che ci faceva un abruzzese proveniente dalla capitale della ceramica in provincia di Teramo, proprio qui a Cunardo?

«Mi chiamò un amico. “Vieni qui che c’è tanto lavoro”, disse Lucio, e così mi misi in viaggio e arrivai a Cunardo. Venne anche mio fratello, Leo, e cominciammo qui da Coronetti, dove c’era forte richiesta di mano d’opera specializzata e di artigiani in grado di gestire ogni fase della produzione. Lavorazioni che noi di Castelli padroneggiavamo perfettamente, visto che dalle nostre parti l’artigianato della ceramica era diffuso da secoli».

La voce si sparse rapidamente, e a Cunardo cominciarono ad aggiungersi ai Di Simone anche i Di Nino, i Di Claudio, e così via. Una vero e proprio paese nel paese, con appartamenti che venivano condivisi da più artigiani, con le stesse abitudini, gli stessi posti frequentati e il medesimo dialetto parlato. Nacquero amicizie e amori, e molti misero su casa da queste parti.

IL TUNNEL DEI MEZARAT – «Alla Coronetti si lavorava anche di notte – spiegano i signori Di Simone – . C’era un forno per la cottura della ceramica che non veniva mai spento, era quello che chiamavamo “il tunnel”: si spingeva il manufatto all’interno e cuoceva fino a 10-12 ore, e poi si passava alla fase successiva». C’era insomma, un via vai di persone che lavoravano in questa realtà giorno e notte. Un po’ come il premio Nobel Dario Fo descrisse la Porto Valtravaglia negli anni dello splendore delle vetrerie: anche qui forno sempre acceso, e quindi via vai di Mezaràt (in dialetto “pipistrelli”, che vivono di notte) a tutte le ore per lavorare, anche qui artigiani che arrivavano da lontano, ma dall’altra parte della bussola, dalla Svizzera interna, Belgio o Germania.

Storie di lavoro che si intrecciano a pochi chilometri di distanza.

ceramica coronetti cunardo

IL CARABINIERE ASCIUTTO – In paese c’è poi la storia del carabiniere di ceramica, realizzato in tre misure dove veniva messo del liquore, un procedimento che non avveniva, però, all’interno della Coronetti. Era l’amaro “Gabbiano” che poi faceva il giro del mondo, tanto che in paese qualcuno racconta di una grossa partita di carabinieri “caricati” a liquore, che giunti in nave negli Stati Uniti risultarono vuoti: alcool evaporato, inservibili. La spedizione non andò a buon fine e questo episodio, rimasto impresso nell’immaginario collettivo di molti cunardesi, fu, forse, l’inizio del declino di questa attività.

Molti dei lavoratori riuscirono ad aprire una propria azienda, proprio come fece Augusto, che dal 1975 al 2000, sempre assieme alla moglie, divenne imprenditore di quell’antica arte di lavorare la ceramica e farla vivere coi colori appresa nella sua Castelli.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Novembre 2017
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